“In totale accoglimento del ricorso ex art. 700 presentato dall’avv. Mariagrazia Mammì dell’Ufficio Legale del Sindacato Giornalisti della Calabria, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Cosenza ha condannato la Rai ad adibire il giornalista Cesare Passalacqua (nella foto) alle mansioni di redattore ordinario”. Lo rende noto il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, componente della Giunta Esecutiva Fnsi, ringraziando i colleghi che hanno testimoniato a favore di Passalacqua, attestando le mansioni effettivamente svolte dal giornalista in servizio presso la Testata Giornalistica Regionale della Rai.
“Un atto dovuto – sottolinea Carlo Parisi – che, ancora una
volta, testimonia l’importanza di riferire semplicemente la verità dei fatti,
soprattutto da parte di una categoria, quella dei giornalisti, deputata a
raccontarla senza reticenze e omissioni di sorta”. L’inciso del segretario del
sindacato dei giornalisti è rivolto “soprattutto ai numerosi colleghi
dell’emittenza radiotelevisiva locale e della carta stampata che, purtroppo
spesso, si trincerano dietro ‘non so’ o ‘non ricordo’, in sede ispettiva o
giudiziaria, che finiscono per mortificare la dignità umana e professionale dei
giornalisti, privati anche dei loro più elementari diritti”.
Nel caso in questione, il giudice del lavoro del Tribunale di Cosenza, Silvana
Ferrentino, sciogliendo la riserva formulata nell’udienza del 20 aprile scorso,
ha accolto totalmente la tesi dell’Ufficio Legale del Sindacato Giornalisti
della Calabria a favore di Cesare Passalacqua, 64 anni, giornalista
professionista, dipendente della Rai Radio Televisione Italiana dal 10 aprile
1979, in servizio nella redazione di Cosenza della Tgr, inquadrato dall’8
luglio 1991 come “Telecineoperatore” e dal 1 ottobre 2011 come “Redattore (M75)
con la qualifica di inviato”.
Alla base del procedimento le richieste di accertamento del demansionamento e
relativa intimazione alla Rai di adibire il giornalista a mansioni di redattore
compatibili con il suo stato di salute. “I problemi – ha spiegato, infatti,
l’avv. Mariagrazia Mammì – sono sorti nell’ottobre 2013 quando, dopo aver
rappresentato l’evidente sovraccarico di lavoro e il disagio psicofisico dovuto
al cumulo di mansioni, il giornalista veniva, senza giustificato motivo, privato
delle mansioni di redattore ed adibito quasi esclusivamente a quelle
riconducibili alla figura di Tco (telecineoperatore)”.
Passalacqua subiva, quindi, “un progressivo demansionamento in quanto veniva
impiegato quasi esclusivamente come telecineoperatore con mansioni di natura
esecutiva, essendo di supporto al redattore che è l’unico responsabile del
servizio, con l’incarico di redigere ‘a tavolino’ i testi di servizi realizzati
con immagini girate dai service”.
La situazione peggiora nel giugno 2014, quando – a seguito di un delicato
intervento chirurgico - Passalacqua chiede di essere assegnato alle sole
mansioni di redattore, compatibili con il proprio modificato stato di salute.
“Al demansionamento – ha spiegato in udienza l’avv. Mariagrazia Mammì – è
seguito un periodo di assoluta inattività dal 6 ottobre 2014, data di rientro
in servizio dopo un periodo di malattia”. Inattività che la Rai ha tentato di
attribuire allo “scrupolo di attendere l’esito della visita medica”. Ma, a tal
proposito, il legale del Sindacato Giornalisti della Calabria ha contestato
anche “l’inosservanza, a distanza di ben quattro mesi, degli obblighi di
sorveglianza sanitaria che ‘a seguito di assenza per motivi di salute di durata
superiore a sessanta giorni continuativi’ ritengono ‘obbligatorio verificare
l’idoneità alla mansione attraverso una visita medica’”.
“Pacifica e incontestata – ha osservato il giudice del lavoro Silvana
Ferrentino – è l’inattività del ricorrente peraltro confermata dagli
informatori escussi”. Evidenziando che “la qualifica di redattore è stata
attribuita a Passalacqua dal 2011 e, come testimoniato dai colleghi, sin da
allora regolarmente svolta”, per il Tribunale di Cosenza è, dunque, da
“ritenersi provato il demansionamento e quindi il fumus boni iuris. Quanto al
periculum in mora – per il giudice Ferrentino – va osservato come la
circostanza che un lavoratore sia privato delle mansioni rende configurabile un
danno a carico dello stesso, consistente nell’impoverimento delle sue capacità
professionali dovuto al mancato esercizio della professione. Il bagaglio
professionale acquisito dal ricorrente nella esperienza lavorativa maturata,
nonché il suo diritto a mantenere e sviluppare quest’ultimo mediante impiego in
mansioni aderenti alla sua specifica competenza, corrono il rischio –
sottolinea il Tribunale di Cosenza – di subire, nel tempo occorrente per
l’azione in via ordinaria, un pregiudizio grave ed irreparabile tale da
minacciare il diritto azionato e da giustificare, quindi, la concessione nella
misura cautelare invocata”.
Il giudice del lavoro del Tribunale di Cosenza ha, dunque, ordinato alla Rai di
“adibire il ricorrente alle mansioni di redattore compatibili con il suo stato
di salute”, condannandola anche al pagamento delle spese. L’ordinanza è stata
depositata il 10 giugno scorso, ma a tutt’oggi la Rai non ha provveduto ad
ottemperarla. (Da www.giornalistitalia.it)