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Associazioni 14 Dic 2015

‘Messaggero Marche’, il Sigim al fianco dei collaboratori: “Servono prospettive e tutele”

L'accorpamento delle redazioni provinciali di Ascoli e Pesaro nell'unica sede di Ancona, prepensionamenti, trasferimenti in altre sedi fuori regione, il calo dei redditi e l’assenza di tutele mettono a rischio anche il lavoro dei 30 collaboratori del ‘Messaggero Marche’. Il sindacato giornalisti marchigiani denuncia una situazione che sta diventando insostenibile e lancia l’appello ad aprire una riflessione profonda sullo stato dei media regionali.

L'accorpamento delle redazioni provinciali di Ascoli e Pesaro nell'unica sede di Ancona, prepensionamenti, trasferimenti in altre sedi fuori regione, il calo dei redditi e l’assenza di tutele mettono a rischio anche il lavoro dei 30 collaboratori del ‘Messaggero Marche’. Il sindacato giornalisti marchigiani denuncia una situazione che sta diventando insostenibile e lancia l’appello ad aprire una riflessione profonda sullo stato dei media regionali.

Il Sindacato giornalisti marchigiani esprime “forte preoccupazione per presente e futuro dei 30 collaboratori attualmente in servizio al Messaggero Marche, giornalisti che in alcuni casi vantano oltre 20 anni di professione e si possono considerare vere e proprie sentinelle del territorio”.
È quanto si legge in una nota con la quale il Sigim denuncia come “l'accorpamento delle redazioni provinciali di Ascoli e Pesaro nell'unica sede di Ancona, unito a prepensionamenti e trasferimenti in altre sedi extraregionali del Gruppo, renda pesante non solo la quotidianità dei redattori rimasti, come più volte denunciato dalla rappresentanza sindacale interna, ma complichi considerevolmente anche il lavoro dei collaboratori”.
Per il direttivo del Sigim, “prima è stata negata qualsiasi forma di tutela a tutti i collaboratori ultradecennali delle sedi periferiche chiuse senza prendere in considerazione nessuna forma, anche minima, di stabilizzazione. Poi è stata colpita la prospettiva reddituale: ingombri pubblicitari fittizi tappa-pagine, rigaggi ridotti o, peggio, adeguati graficamente alla soglia di compenso minimo. Risultato: introiti dei collaboratori di nuovo in forte calo dopo il precedente taglio avvenuto con il progetto Sinergia Marche per la 'libera' condivisione dei servizi esterni tra Corriere Adriatico e Messaggero”.
“Nonostante l'impegno dei redattori del Messaggero a mantenere viva una realtà che la Caltagirone Editore sembra aver lasciato in uno scomodo limbo, per i collaboratori esterni i problemi sono davvero pesantissimi. A volte anche la stessa segnalazione di notizie diventa difficoltosa a causa delle carenze di organico: mancano, fisicamente, i redattori che possano ascoltare”, incalza il sindacato marchigiano.
“Questa lunga ritirata del Messaggero Marche sta scivolando via nel silenzio o quasi delle istituzioni e della politica alle quali evidentemente sfugge l'importanza di una professione giornalistica in grado di analizzare, raccontare e rilanciare anche a livello nazionale quanto accade nel nostro territorio. Se fosse in ballo la sopravvivenza di un'azienda di un altro settore, con 30 famiglie a rischio, ci sarebbe stata la stessa piatta reazione?”, è la domanda che pone il Sigim. Domanda alla quale urge dare risposte concrete, tenendo ben presente “quanto l'accorpamento anconetano di tutte le redazioni del Messaggero abbia già inciso negativamente in questi mesi su diffusione, redazione e collaboratori, quei collaboratori sui quali già oggi grava il rischio più alto, visto che la contrazione del mercato del lavoro non offre sbocchi alternativi”.
Il Sigim suggerisce quindi “a istituzioni tutte, partiti, associazioni imprenditoriali e di categoria di aprire una riflessione profonda sullo stato dei media regionali e sulle pericolose ricadute per il pluralismo informativo nel caso la crisi della stampa regionale, che ha nel Messaggero il suo esempio più evidente, proseguisse a questi ritmi anche nel 2016. È ora di aprire un ragionamento di sistema e di varare piani B concreti destinati specialmente a chi vedesse prosciugate le sue fonti di reddito. Per esempio disponendo in sede Anci linee guida stringenti per la realizzazione di uffici stampa consortili ai sensi della legge 150/2000, purtroppo largamente inapplicata ad eccezioni dei maggiori Comuni”.
“Sarebbe una utile forma di riconversione, anche part time, per professionalità che da oltre 20 anni sono al servizio dei territori", conclude il sindacato dei giornalisti marchigiani.

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