I giornalisti della Tgr Rai Puglia respingono con fermezza l'accusa di compiacenza con la criminalità organizzata comparsa sul sito web Il tacco d'Italia. L'accusa è riferita alla copertura che il Tg regionale Rai della Puglia aveva dato al caso della giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola, aggredita a Bari da una donna esponente di un clan malavitoso.
«È falsa – si legge in una nota del Cdr del Tgr Rai Puglia – l'informazione riportata in un articolo pubblicato il 15 maggio 2019 (e corretta dopo diversi giorni) che un'esponente della malavita locale sia stata ospitata negli studi della Rai di Bari. La storia e l'esperienza quotidiana della testata giornalistica regionale della Rai in Puglia testimoniano l'impegno civile prima che professionale di tutta la redazione nella lotta alla mafia. Chiediamo all'Ordine dei giornalisti della Puglia e all'Associazione della stampa di Puglia di valutare il contenuto e il tono delle affermazioni riportate nell'articolo a firma di Marilù Mastrogiovanni».
La replica della direttrice de Il tacco d'Italia
Mi auguro davvero che l’Ordine regionale dei giornalisti valuti il contenuto del mio articolo "Siamo tutte Maria Grazia". In questo modo finalmente dovrà valutare il contenuto del servizio del Tgr Puglia dal titolo "Le scuse a Maria Grazia Mazzola", a firma di Leonardo Zellino, che parla di "schiaffo" a Mazzola, prontamente corretto dall'intervistata, ossia Monica Laera, che parla di "spinta". Il pm, che ha chiesto il rinvio a giudizio di Laera, invece parla di "schiaffo-pugno" e contesta vari reati: lesioni, aggressione con l'aggravante mafiosa, "minacce di morte nell'esercizio del controllo del territorio".
Nel servizio di Zellino si è omesso di dire che la persona che ha aggredito l'inviata speciale del Tg1 è una condannata in via definitiva per mafia da molti anni e boss ella stessa del clan Laera-Caldarola-Mercante.
Un servizio in cui si dà voce alla mafiosa e alle sue "scuse", lasciando per buona la sua versione, senza mettere i cittadini nelle condizioni di conoscere tutta la verità. Questo è gravissimo e soprattutto non è servizio pubblico.
È vero, per un mero errore materiale ho scritto "la mafiosa va in studio" invece di scrivere "la mafiosa va in onda", come ho corretto poi. Ma il link, contenuto nell'articolo contestato, che rimanda al servizio del tgr, non lascia adito a dubbi sul senso della frase in quanto è chiaro che l'intervista è stata fatta a casa della mafiosa: se vogliamo, circostanza ancora più grave.
È stata accreditata la versione di una boss, in preda al dolore per la perdita della nonna, circostanza che come dimostra la richiesta di rinvio a giudizio non ha nulla a che vedere con l'aggressione subita dalla collaga Mazzola, che invece non è stata sentita e che per contro da subito aveva denunciato l'aggressione mafiosa.
Ho espresso il mio parere con trasparenza, per iscritto e verbalmente in più occasioni: non ho mai scritto né detto, come riporta il comunicato dei giornalisti del Tgr e riportato da Assostampa che "un'esponente della malavita locale è stata ospitata negli studi della Rai di Bari", ma ho fatto un errore materiale, corretto, che tuttavia non cambia il contenuto del mio articolo, di cui non rinnego una virgola. Francamente faccio fatica a comprendere un comunicato firmato da colleghi estranei al servizio, che non ho mai chiamato in causa. E mi dispiace che si siano sentiti offesi, perché io invece ho criticato solo quel servizio che non dava conto della vera dinamica dell'accaduto, omettendo la fedina penale dell'aggressora.
Marilù Mastrogiovanni