I giornalisti del Secolo XIX hanno aderito con convinzione allo sciopero indetto dalla Federazione nazionale della Stampa
Il contratto dei giornalisti è scaduto da un anno e mezzo e gli editori, rappresentati dalla Fieg, rifiutano ogni trattativa, anche in presenza di un tentativo di mediazione del governo e ignorando perfino l’appello giunto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dopo aver drenato denaro dallo Stato per decenni gli editori non possono più contare su aiuti e provvidenze varie. In assenza di idee per qualificare il loro prodotto (i giornali) puntano ora semplicemente a rivalersi sui giornalisti, quelli che già lavorano per loro e quelli che aspirerebbero a farlo. Per gli editori il nuovo contratto dovrebbe riassumersi in questi semplici ed efficaci concetti: più lavoro precario e sottopagato; meno garanzie per tutti, meno soldi per tutti (tranne ovviamente che per essi medesimi). In molti giornali (specie nelle cosiddette nuove iniziative editoriali) ormai il precariato e il lavoro nero non sono più l’eccezione ma la regola. Le retribuzioni dei giovani collaboratori - anche laureati, magari poliglotti - sono ormai molto simili a quelle assicurate dal caporalato del Sud ai raccoglitori stranieri di pomodoro. Perdipiù gli editori aspirerebbero anche a mettere le mani sul patrimonio dell’Inpgi, l’Istituto di previdenza che amministra i contributi dei giornalisti. Una delle loro richieste è che, in futuro, l’Inpgi si assuma in maniera automatica tutti gli oneri dei prepensionamenti. Traduzione: gli editori, anche in assenza di problemi di bilancio, se vogliono e quando vogliono si liberano dei giornalisti a spese dei giornalisti. La sostanza di questa vertenza è che una stampa libera può esisteresolo se i giornalisti sono liberi e non ricattabili. Ma giornalisti ridotti al precariato e al sotto-lavoro producono giornali brutti, anche se imbellettati e colorati. Giornalisti “a basso costo” sono destinati a confezionare giornali di bassa qualità. Giornalisti privati perfino delle garanzie previdenziali possono fare solo giornali impauriti e servili oppure adibiti a grancassa di qualche potere o contropotere. Probabilmente, di questi giornali ne troverete qualcuno in edicola anche nei giorni di sciopero. Lì la libertà, se mai è esistita, è finita da tempo. Sarebbe un atto di dignità e di igiene civica se i lettori, nei giorni di sciopero, i giornali “crumiri” li lasciassero in edicola. In questa vertenza difendiamo ovviamente noi stessi e il nostro lavoro, ma difendiamo un bene prezioso per tutti i cittadini: i giornali. Che siano grandi o piccoli, urlati o noiosi, verdi o gialli, sono i giornali di tutti. Finché restano liberi. Comitato di redazione Il Secolo XIX Associazione ligure giornalisti