E' pazzesco, sembra di stare in un film, ma il film sbagliato...Io e Mario non abbiamo potere ma abbiamo la verità e si può rivendicare il diritto di avere un'ipotesi diversa dai pm. A parlare di Mario Spezi il giornalista detenuto nel carcere di Capanne con l'accusa di favoreggiamento e concorso in omicidio nell'ambito delle indagini su possibili mandanti dei 'compagni di merende', sono sua moglie Myrian e lo scrittore Douglas Preston intervistati dal settimanale 'Left' oggi in edicola.
"Mario mi ha detto: è pazzesco mi sembra di stare in un film. Ma il film sbagliato", dice Myrian dopo aver visto Mario in carcere. Il 26 aprile il Tribunale della libertà si pronuncerà sulla scarcerazione. "Mario è preoccupato ma combattivo come sempre e il carcere non lo ha depresso anche se si sente oggetto di un'ingiustizia", aggiunge la moglie sottolineando poi "sono moltissimi anche e soprattutto i colleghi giornalisti a credere che Mario non abbia niente a che fare con le accuse che gli vengono rivolte. A mio parere tutta questa vicenda è - precisa - una vendetta per le denunce sporte nei confronti di alcuni inquirenti e soprattutto per il libro: una controinchiesta, che giunge a conclusioni opposte rispetto a quelle degli inquirenti". Appassionato da sempre al caso del 'mostro', Spezi segue una pista diversa da quella degli inquirenti. "Conosce questa storia nel dettaglio - chiarisce - si è convinto che la pista sarda, abbandonata dagli inquirenti, è la piu' credibile. Anzi quella che porta alla verità sui delitti del "mostro" e che i "compagni di merende" non siano colpevoli". Da qui il libro "Dolci colline di sangue" uscito il 19 aprile. "E' un'indagine sul caso del mostro di Firenze condotta in modo diverso - spiega Preston - da quella dei Gides e del pm di Perugia. Riportiamo moltissime prove specifiche sulla "pista sarda", chiusa quindici anni fa dal giudice Mario Rotella assai prematuramente. E dimostriamo che la famigerata Beretta calibro 22 rimase all'interno dello stretto gruppo di sospettati per l'omicidio del clan del 1968: il duplice omicidio per il quale Stefano Mele fu dichiarato colpevole". Dunque Spezi e Preston, credono che il mostro di Firenze debba essere scovato in questo gruppo. "Ma quando l'inchiesta sulla pista sarda fu chiusa, l'ordine sbarrò la strada a ogni altra indagine su quel gruppo di sospettati - osserva Preston - e così l'indagine sul mostro andò in tutte le direzioni eccetto che in quella corretta". Il libro è fitto di avvenimenti, fatti verificati, dettagli sui processi, relazioni di esperti, indagini e prove. "La nostra controindagine non segue quella condotta dal pm Giuliano Mignini e dal superpoliziotto Michele Giuttari, che cerca di trovare colpevoli nelle sette sataniche e mandanti nascosti - continua Preston. L'inchiesta condotta dal personale del Gides è basata sulla colpevolezza di Pacciani e dei compagni di merende. Nel libro noi mostriamo, con prove inconfutabili e testimonianze, che Pacciani era innocente e che gli altri due compagni, entrambi giudicati oligofrenici, sono stati condannati ingiustamente. Ma la nostra controindagine sembra abbia dato fastidio - continua Preston - a certe persone di potere...". Ma "io e Mario - conclude Preston -non abbiamo alcun potere: non abbiamo nessun superpoliziotto che diriga una squadra di detective, non abbiamo nessun giudice, magistrato e pubblico ministero a nostra completa disposizione. Noi siamo solo due giornalisti. Ma abbiamo una cosa in più degli altri: si chiama verità". (AGI)