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Fnsi 26 Nov 2007

Congresso Fnsi - giornata d'inaugurazione a Bari: il saluto di Paolo Serventi Longhi

Il testo integrale del saluto del Segretario Generale Paolo Serventi Longhi all’inaugurazione del 25° Congresso Nazionale della Stampa Italiana

Il testo integrale del saluto del Segretario Generale Paolo Serventi Longhi all’inaugurazione del 25° Congresso Nazionale della Stampa Italiana

Caro Marini, Caro Vendola, Caro Emiliano, Autorità tutte, Care delegate e delegati al 25° Congresso della Fnsi, Signore e Signori, E' per me un onore salutare i presenti, a nome della Giunta uscente della Federazione della Stampa, che ho guidato per oltre undici difficili ma straordinari anni. Mi perdonerà il Presidente Marini, che ho seguito professionalmente per tanti anni da cronista sindacale dell'Ansa e poi da redattore del politico dell'agenzia, e che ho avuto modo di apprezzare nella Sua attività di leader della Cisl. E poi come personalità politica ed istituzionale, con ruoli sempre esercitati da assoluto protagonista. Mi perdonerà, il Presidente Marini, se con Lui saluto le Istituzioni della Repubblica, il Parlamento ma anche il Governo e tutte le forze politiche. Saluto con particolare affetto le forze sociali del Paese, le Confederazioni sindacali con le quali la Fnsi ha uno storico patto di unità d’azione. Avrò modo di salutare al termine del congresso le donne e gli uomini che fanno il mio stesso mestiere e, naturalmente coloro che hanno lavorato e lavorano nel Sindacato. Personalmente concludo definitivamente il mio mandato, frutto di una passione e di un impegno per i diritti dei lavoratori che, come Marini ben sa, non è possibile cancellare. Ma tant'è: per tutti, le stagioni nascono e si esauriscono, prima o dopo. Questo è un momento molto difficile per il Sindacato dei giornalisti, direi per l’intera categoria e per i suoi organismi di rappresentanza e tutela. Proprio ieri si sono compiuti mille giorni dalla scadenza del principale contratto di lavoro, questo stipulato con la Federazione degli Editori, mentre il contratto dei colleghi che lavorano nelle aziende dell'emittenza radiotelevisiva locale, aderenti all'organizzazione Aeranti-Corallo, è in scadenza e quello dei giornalisti degli uffici stampa della pubblica amministrazione non trova la luce nonostante una legge dello Stato, varata 7 anni fa, ne preveda espressamente la realizzazione. Il mancato rinnovo del contratto Fieg, e la conseguente mancata soluzione anche dei problemi del precariato giornalistico, rappresentano una vicenda intollerabile non solo per la categoria ma per la negazione del diritto stesso alla contrattazione. Sono convinto, però, che oggi vi siano le condizioni per uscirne, con una nuova disponibilità di tutte le parti, anche nostra, di discutere senza pregiudiziali e con coraggio con le controparti, specie di fronte alle grandi e rapide trasformazioni del mondo dell'informazione. Nella relazione politico-sindacale al Congresso esprimerò nuovamente domani la disponibilità ad intese in tempi rapidissimi, nella speranza che la Fieg accetti finalmente di negoziare. Perchè per fare gli accordi occorrono comunque due volontà, e finora una è venuta meno. Ma questo è un periodo difficile anche per l'affermazione dei valori di fondo di un giornalismo corretto e pluralista. Attraverso mille condizionamenti politici, economici, da parte di pezzi importanti dei poteri, si cerca di orientare l'informazione, di utilizzarci come pedine, sia pure dal rilevante ruolo sociale, di una grande partita nella quale si scontrano interessi imponenti e i media sono al centro di questo scontro. Il giornalista, in Italia e nel mondo, si trova spesso solo ad affrontare minacce, censure, intimidazioni di ogni tipo, tentativi di limitarne la libertà, i diritti sindacali e le tutele sociali. Colleghe e colleghi di ogni Paese perdono ogni giorno la vita per raccontare la realtà come testimoni diretti dei fatti. Vorrei ricordare qui i tanti caduti italiani, le giornaliste i giornalisti uccisi mentre esercitavano il diritto-dovere di informare: tra loro Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Maria Grazia Cutuli, Enzo Baldoni, i colleghi della Rai di Trieste, Raffaele Ciriello, Antonio Russo. Vorrei ricordare i colleghi uccisi, feriti o minacciati dalla criminalità organizzata del nostro Paese. Colleghi di molte regioni, ma soprattutto del nostro straordinario Mezzogiorno, terra di grande civiltà e cultura, di grandi giornalisti e di grandi giornali. Ma anche terra di efferati delitti contro decine di giornalisti uccisi dalla mafia, dalla camorra e dalle altre organizzazioni criminali perché cercavano di raccontare la verità, anche rispetto alle connessioni tra queste mafie e pezzi del potere pubblico. Alcuni dei colleghi minacciati, e congiunti di giornalisti uccisi sono oggi tra noi, tra gli invitati e i delegati come Lirio Abbate e Alberto Spampinato. Dobbiamo rendere onore al loro coraggio. Vorrei ricordare un’altra collega coraggiosa, Anna Politoskaja, una martire della battaglia che in tutto il mondo viene combattuta per la libertà di informare. Nei teatri di guerra alcuni colleghi sono stati rapiti e rilasciati e portano ancora nello spirito e nel fisico i segni di terribili esperienze. Mi riferisco, tra gli altri, a Giuliana Sgrena e Daniele Mastrogiacomo, due cari amici che saluto con affetto. Dopo anni ancora non è stata fatta giustizia sulle circostanze di molte uccisioni e violenze. Nel difendere il diritto di cronaca abbiamo criticato alcune leggi che non ci sono piaciute come il ddl sulle intercettazioni. E dobbiamo rilevare la sensibilità delle Commissioni Giustizia della Camera ed oggi del Senato che ci hanno ascoltato e mi risulta stiano tenendo conto delle osservazioni degli organismi, Ordine e Sindacato dei Giornalisti. Abbiamo anche chiesto l’approvazione urgente delle leggi sul conflitto di interessi, sulla comunicazione e l’autonomia della Rai, sull’editoria. E su queste leggi indifferibili le risposte definitive del Parlamento non sono ancora venute. Occorre che la nostra categoria, tutto il mondo dell'informazione, rispetti le leggi, il diritto alla riservatezza dei cittadini che non sono personaggi pubblici, specie dei minori, degli immigrati, dei soggetti deboli in generale. Occorre che i giornalisti sappiano difendere la propria autonomia anche da se stessi, da quella parte assolutamente minoritaria della professione disposta a tutto pur di coltivare i propri personali interessi e quelli degli amici. Il nostro organismo di tutela deontologica, l'Ordine, deve saper perseguire coloro che hanno un rapporto distorto con le fonti e servono i poteri, offendono la verità, spiano. In poche parole si vendono per un piatto di lenticchie. L’Ordine deve essere messo nelle condizioni di operare rapidamente e con efficienza, deve cambiare, è necessaria una riforma della legge del 1963. Ma chi ne chiede l’autoscioglimento rischia di decretare la fine della possibilità che un organo indipendente dai poteri possa intervenire a tutela dell’onorabilità di migliaia di colleghe e colleghi che ogni giorno fanno informazione in modo corretto ed onesto. E bene ha fatto l'Ordine del Lazio ad aprire un immediato procedimento di accertamento delle responsabilità deontologiche di quei giornalisti della Rai e di Mediaset che accettavano di addomesticare la realtà, di concordare tra loro un "taglio" dell'informazione politica favorevole alla parte a loro dominante. Questa vicenda dimostra come esistano nella professione centri di malcostume e di grave caduta dell’autonomia. Alcune delle cose dette e scritte in questi giorni sono condivisibili, come la necessità di garantire l’autonomia dell’informazione televisiva, a partire dal servizio pubblico. Ma occorre difendere anche l’indipendenza di chi scrive nei giornali, nelle agenzie di stampa, in tutti i media nei quali i tentativi di condizionamento pesano sempre più. Abbiamo dedicato questo 25° Congresso ad un maestro di giornalismo appena scomparso, a Enzo Biagi, che abbiamo onorato nella sua terra ricordando le discriminazioni e l’emarginazione che subì da una certa politica. Ed abbiamo chiesto ad un altro maestro di giornalismo, a Sergio Zavoli, Senatore della Repubblica, di parlarci del giornalismo che cambia. Ritengo che il Sindacato debba continuare, come ha fatto spesso con durezza e per questo è stato criticato da alcuni, a sostenere la professione che mantiene la schiena dritta sapendo che la Federazione della Stampa ha il compito statutario di tutelare gli interessi morali insieme a quelli materiali dei colleghi. E sono certo che continuerà a farlo, in un rapporto rispettoso del ruolo delle Istituzioni ma difendendo gelosamente l'autonomia e i valori di un bellissimo e difficile mestiere. Grazie.

@fnsisocial

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