A 81 anni è stato arrestato e posto ai domiciliari per aver diffamato a mezzo stampa e per non aver rivelato le sue fonti. È l’eclatante caso di Francesco Gangemi, giornalista di Reggio Calabria, condannato dal Tribunale di Catania per i suoi articoli. “Un provvedimento mostruoso”, tuona il vicesegretario aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, che chiede l’intervento del presidente Mattarella.
Ha da poco compiuto 81 anni ed è invalido al 100 per cento,
ma nonostante questo è stato arrestato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria,
in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal
Tribunale di Sorveglianza di Catania per un cumulo di pene a 2 anni 11 mesi e
16 giorni di reclusione per diffamazione a mezzo stampa e per non avere
rivelato le fonti fiduciarie delle notizie.
È quanto accaduto al giornalista Francesco Gangemi, giornalista di Reggio
Calabria, costretto agli arresti domiciliari dopo che il Tribunale di Catania
ha rigettato la richiesta di affidamento ai servizi sociali, affidando alla
Procura di Cosenza l’esecuzione del provvedimento disposto da una sentenza
definitiva del 10 marzo scorso.
“Due anni dopo l’allucinante arresto che, all’età di 79 anni, l’aveva portato
dietro le sbarre, sollevando l’indignazione del Paese e la sospensione del
provvedimento, la storia si ripete”, commenta dalle colonne di
giornalistitalia.it il segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del
sindacato giornalisti della Calabria, Carlo Parisi.
“Un provvedimento – prosegue Parisi – che non esitiamo a ridefinire, come
avevamo fatto all’epoca assieme all’allora segretario generale della Fnsi,
Franco Siddi, mostruoso per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi
sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee. Gangemi
paga duramente non solo il prezzo delle sue idee ‘forti’ e fuori dal coro, ma
soprattutto l’ingiustificato ritardo del Parlamento nel riformare la legge
sulla diffamazione che, per i reati a mezzo stampa, prevede ancora il carcere
per i giornalisti consentendo il ripetersi di dolorosi episodi come questo”.
“Francesco Gangemi – sottolinea ancora il segretario del sindacato calabrese –
è chiamato a scontare una pena residua di quasi tre anni perché, ancora una
volta, la Procura della Repubblica di Catania ha dichiarato decaduti i benefici
di sospensione condizionale della pena per i suoi articoli pubblicati sui
periodici ‘Il Dibattito’ e ‘Dibattito news’. Suscita, però, ancora enorme
sorpresa l’ennesima decisione della magistratura di applicare la pena detentiva
del carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa, prevista dal Codice
penale, ma giudicata incompatibile dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. E
lo stupore è maggiore in considerazione dell’età del giornalista in un Paese, è
doveroso ricordarlo, che concede spesso misure alternative alla detenzione ad
incalliti delinquenti ultrasettantenni che si sono macchiati di efferati
crimini”.
Nell’auspicare una revisione del provvedimento cautelare, ispirata a criteri di
vera giustizia e umanità, Parisi rinnova, infine, al Parlamento “l’appello per
riformare con urgenza la legge sulla diffamazione a mezzo stampa ed al
Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di valutare le possibilità di
un intervento che, considerata l’età e le condizioni di salute del giornalista,
eviti a Francesco Gangemi la privazione della libertà personale per reati
compiuti nell’esercizio della professione giornalistica. Un giornalista che
commette reato, diffamando qualcuno, va punito, certo. Con una multa, non con
il carcere. Ma non va, in ogni caso, punito per non aver rivelato le fonti
fiduciarie di una notizia vera, sacrosanto diritto di chi svolge questa
professione”.
Foto: Giornalistitalia.it