Parte da Venezia la mobilitazione della Fnsi, il Sindacato giornalisti italiani, e dell'associazione Articolo 21 contro la riforma della legge sulla diffamazione, ribattezzata “legge bavaglio”, al vaglio del Parlamento.
Parte da Venezia la mobilitazione della Fnsi, il Sindacato
giornalisti italiani, e dell'associazione Articolo 21 contro la riforma della
legge sulla diffamazione, ribattezzata “legge bavaglio”, al vaglio del
Parlamento.
«Sulla diffamazione dobbiamo iniziare una mobilitazione e faremo una grande
iniziativa nazionale per cambiare il testo attualmente in discussione – ha
annunciato Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI, durante un
dibattito oggi nella sede del Sindacato giornalisti del Veneto – Con il
pretesto di togliere il carcere per i giornalisti, in realtà la proposta di
riforma sulla diffamazione si sta rivelando un modo per limitare la libertà di
informazione. Non vediamo segnali di controtendenza nella discussione
parlamentare, e c'è il rischio di un blitz in commissione Giustizia della
Camera, con l'approvazione del testo attuale che dobbiamo scongiurare. Abbiamo
già chiesto un colloquio con i presidenti di Camera e Senato per esporre la
grande preoccupazione del sindacato giornalisti».
Lorusso, nella sua prima visita in terra veneta da Segretario generale della Fnsi
dopo la sua elezione al 27esimo congresso nazionale tenutosi a Chianciano
Terme, ha partecipato al Direttivo del Sindacato giornalisti del Veneto in cui
è stato approfondito il tema della proposta di riforma della legge sulla
diffamazione ora in discussione in Parlamento.
Con Lorusso sono intervenuti Giuseppe Giulietti, presidente
dell'associazione Articolo 21, Massimo Zennaro, segretario del Sindacato
giornalisti del Veneto, Gianluca Amadori, presidente dell'Ordine dei
giornalisti del Veneto, il presidente dell'Associazione lombarda giornalisti
Paolo Perucchini e il presidente dell'Assostampa del Friuli Venezia Giulia
Carlo Muscatello.
Sono soprattutto tre i punti critici individuati: la previsione di ammende
pesantissime (fino a 50 mila euro) al posto del carcere per i giornalisti
condannati per diffamazione, un assoluto diritto di rettifica per chi si
ritiene diffamato che potrà pretendere una rettifica integrale senza
possibilità di replica da parte della testata, e il riconoscimento di un
assurdo “diritto all'oblio” con la cancellazione delle notizie sgradite da blog
e motori di ricerca. Inoltre manca nel testo la tutela dei giornalisti dalle querele
temerarie, una pratica che espone i giornalisti e le testate, soprattutto
quelle più piccole, al rischio di sborsare cifre enormi per aver pubblicato una
notizia sgradita.
«In Commissione sono stati presentati emendamenti migliorativi che propongono
il dimezzamento delle multe e il cambiamento delle proposte su rettifiche e
diritto all'oblio – ha detto Giuseppe Giulietti – ma altri emendamenti di segno
opposto vorrebbero peggiorare ancora la legge, aggiungendovi il bavaglio alla
pubblicazione delle intercettazioni. Il rischio è che finisca “pari e patta”
con l'approvazione della legge attuale, che riteniamo molto negativa».
È intervenuto anche il presidente dell'Ordine regionale, Gianluca Amadori:
«Sono stati pochissimi, storicamente, i giornalisti italiani finiti in carcere
per diffamazione. Cancellare il carcere è un falso problema, il problema vero è
quello delle querele temerarie, su cui a parole i politici si dicono d'accordo,
salvo poi fare sparire il tema dalla proposta di legge».
L'appello #nodiffamazione, il cui testo è disponibile sul web all'indirizzo www.nodiffamazione.it ha già raccolto quasi 13mila sostenitori in poco più di un
mese. Venezia, 18 febbraio 2015