E' morto a Milano il giornalista Giorgio Santerini. Aveva 75 anni ed era malato da tempo. Santerini iniziò la sua carriera all'Avanti per poi passare al Corriere della Sera dove diventò caporedattore. Dopo l'omicidio di Walter Tobagi, fu nominato presidente, per 12 anni, dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti e per 6 anni segretario della Federazione nazionale della Stampa. Fu uno dei fondatori della componente sindacale di Stampa Democratica di cui è stato leader storico. (Ansa, Milano 14 settembre)
Il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, ha dichiarato: “La scomparsa di Giorgio Santerini, all’età di 75 anni, è un grave lutto per la famiglia (la moglie Priscilla, la figlia Giulia, i nipoti, i fratelli Gigi e Gaio) e per la sua famiglia vasta, quella del giornalismo italiano e del sindacato di categoria che lo ha avuto protagonista per cinquant’anni.
GIORNALISTI: SIDDI (FNSI), MORTE SANTERINI GRAVE LUTTO GIORNALISMO E SINDACATO.
LUNEDI 16 SETTEMBRE ATTIVITÀ SINDACALI FNSI SOSPESE IN RICORDO EX SEGRETARIO
PROTAGONISTA DELL’AUTONOMIA PROFESSIONALE, DEL PLURALISMO E DELL’UNITÀ SINDACALE
La Giunta federale presieduta da Santerini eletta al Congresso di Pugnochiuso
“La scomparsa di Giorgio Santerini, all’età di 75 anni, è un grave lutto per la famiglia (la moglie Priscilla, la figlia Giulia, i nipoti, i fratelli Gigi e Gaio) e per la sua famiglia vasta, quella del giornalismo italiano e del sindacato di categoria che lo ha avuto protagonista per cinquant’anni. Per sei anni dall’autunno del 1990 (subentrato in corsa a Giuliana Del Bufalo e poi eletto unitariamente al congresso di Pugnohiuso) al maggio 1996, è stato segretario nazionale della Federazionale della Stampa Italiana, nella quale lascia l’impronta di un condottiero che ancora parla e opera in (e di) autonomia e libertà, dedicandosi a lavoro e diritti, a una fatica democratica, fatta di ascolto e confronto attento alle storie, soprattutto a quella delle idee, per il pluralismo e l’unità, nella continua ricerca di esprimere forme concrete di sindacalismo. Così negli organismi di categoria (dal Cdr del Corriere della Sera, alla presidenza, per 12 anni, dell’Associazione lombarda dei Giornalisti fino alla guida della Fnsi). Così, identica determinazione e passione nel lavoro (dall’Avanti, al Corriere della Sera, Capo redattore) e nella politica con il suo ancoraggio all’idea socialista, che cercò quasi in solitudine di tenere viva e espressiva in un simbolo e in una lista a Milano, quando si candidò a Sindaco, dopo la fine del Psi e dei partiti storici della prima repubblica.
Un intellettuale atipico, interprete di soluzioni originali e difficili, sindacalista a tutto tondo, capace di affrontare di forza, con le parole ma anche con silenzi e gesti non immediatamente decodificabili da tutti, situazioni difficili e conflitti diversi. Giorgio Santerini non si è mai tirato indietro davanti a una controparte, né di fronte a un competitore o a un oppositore interno, che si trattasse di scontro ideologico o di un negoziato per l’affermazione di una specifica proposta. Per un sindacato contropotere. Anche per questo, pure gli avversari, ne ricordano ancora, nel dibattito interno di categoria come nelle ricorrenti vertenze di lavoro, la figura, anche fisica, di un personaggio resistente al limite dell’infrangibile. Lasciò la segreteria della Fnsi e, da allora, ogni carica, quando decise lui, il 24 maggio del 1996, alla fine del congresso di Villasimius, ritenendo compiuto un percorso e pronta una nuova stagione già aperta dalla sua unità sindacale, difficile e combattuta, ma composta nella casa comune del sindacato nazionale dei giornalisti.
Un percorso tormentato e laborioso. Uomo di identità forte, tra i fondatori della componente sindacale “Stampa Democratica” avviata da Walter Tobagi, comparsa come minoranza al congresso Fnsi a Pescara nel 1978 ma presto maggioranza in Lombardia. Qui Santerini ebbe la forza e il coraggio di assumerne la presidenza quando divenne vacante per mano di aspiranti terroristi rossi che assassinarono il presidente Tobagi. Negli anni successivi quest’area fu al centro di una nuova maggioranza anche nella Fnsi (congressi Acireale e Bormio), in presenza di una robusta e dura dialettica e competizione interna. Giorgio Santerini, divenuto segretario nell’ottobre del 1990, avviò un processo nuovo, dettato anche dai cambiamenti dell’editoria e dai segnali della crisi in arrivo per i vecchi schemi dell’organizzazione della vita sociale e politica, aprendo a una stagione di unità nel pluralismo con le principali correnti sindacali della Fnsi, in particolare quella guidata da Giuseppe Giulietti, e con un’attenzione particolare alla dimensione storica del federalismo dei giornalisti italiani. Con Santerini alla guida della Fnsi sono stati stipulati due contratti collettivi di lavoro, aventi come linee guida la centralità e l’autonomia delle redazioni di fronte al fenomeno nuovo dei services, la difesa degli istituti salariali e la regolamentazione delle sinergie editoriali. Un punto preminente del suo lavoro da segretario fu l’opposizione intransigente a ogni disegno di assorbimento dell’Inpgi nell’Inps e l’intesa con Governo e Parlamento per l’autonomia e la privatizzazione delle Casse professionali di previdenza.
Con Santerini scompare un uomo e un personaggio di forza e talento che ancora dovrà essere letto e ricordato, senza censure e senza formule rituali. La Fnsi gli deve un omaggio sincero, con rispetto e solidarietà per le sofferenze che non gli sono state risparmiate.
Alla moglie Priscilla, alla figlia, la collega Giulia, ai nipoti, al genero, ai fratelli il cordoglio e l’abbraccio affettuoso della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Lunedì 16 settembre quanti vorranno potranno rendere omaggio alla salma del nostro ex segretario Santerini nella camera ardente allestita nella sede dell’Associazione lombarda dei giornalisti, in via Monte Santo 7 a Milano. Nella stessa giornata la Fnsi osserverà una giornata di lutto e l’attività sindacale ordinaria sarà sospesa.
Martedì 17 settembre alle ore 11 funerali nella Chiesa di San Marco a Milano.”
SIDDI, IL 16 CAMERA ARDENTE E GIORNATA DI LUTTO PER FNSI
Si terranno martedì 17 settembre, nella chiesa di San Marco a Milano i funerali di GiorgioSanterini. Lo annuncia il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, precisando che il giorno prima, 16 settembre si potrà rendere omaggio alla salma dell'ex segretario della Fnsi nella camera ardente allestita nella sede dell'Associazione lombarda dei giornalisti, in via Monte Santo 7, sempre a Milano. Nella stessa giornata, annuncia Siddi porgendo il suo cordoglio e quello della Fnsi ai familiari del giornalista scomparso, ''la Fnsi osserverà una giornata di lutto e l'attività sindacale ordinaria sarà sospesa''. (ROMA, 14 SET TEMBRE - ANSA)
AVEVAMO UN APPUNTAMENTO. NON È POTUTO VENIRE
di Giovanni Negri
GIORNALISTI: È MORTO GIORGIO SANTERINI, EX SEGRETARIO FNSI
E' morto oggi a Milano il giornalista Giorgio Santerini. Aveva 75 anni ed era malato da tempo. Santerini iniziò la sua carriera all'Avanti per poi passare al Corriere della Sera dove diventò caporedattore. Dopo l'omicidio di Walter Tobagi, fu nominato presidente, per 12 anni, dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti e per 6 anni segretario della Federazione nazionale della Stampa. Fu uno dei fondatori della componente sindacale di Stampa Democratica di cui è stato leader storico. La camera ardente - ha annunciato Giovanni Negri, presidente della 'Lombarda' - sarà allestita nella sede del sindacato regionale di viale Monte Santo 7 a Milano. ''Giorgio era un grande uomo e un grande sindacalista - ha ricordato Negri - che ha sempre voluto trasmettere i valori del sindacato e di Stampa democratica e che ha sempre guardato ai giovani e al futuro''. (MILANO, 14 SETTEMBRE - ANSA)
L'INTERVENTO DI APERTURA DI GIORGIO SANTERINI AL XXII CONGRESSO DI VILLASIMIUS DA GALASSIA MAGGIO-GIUGNO 1996 (Formato Pdf) LA REPLICA FINALE DI GIORGIO SANTERINI AL XXII CONGRESSO DI VILLASIMIUS DA GALASSIA MAGGIO-GIUGNO 1996 (FormatoPdf)"SANTERINI CI HA REGALATO L'UNITÀ DEI GIORNALISTI"
Martedì, 17 settembre 2013 da AffariItaliani.it
Franco Siddi, segretario generale FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana), ha sceltoAffaritaliani.it per dare l'estremo saluto a Giorgio Santerini e fare un bilancio della sua attività politica, sindacale e professionale. "Santerini ha molto da insegnare ai giovani", ha detto Siddi. "E' stato un grande protagonista della vita pubblica, civile, sindacale e professionale, dei giornalisti in particolare. Chi ha lavorato con lui per la dignità, autonomia e libertà dei giornalisti, bene a cui ha orientato tutta la sua attività sindacale, porta in sè qualcosa, è in qualche modo suo erede". E ancora: "Per Santerini la dignità della persona è fondamentale, ma quella dell'organizzazione lo è quasi di più, o comunque almeno in pari livello. Offendere l'organizzazione che rappresenta è l'offesa più grande per lui. Si può discutere politicamente, ma non si può ledere la dignità dell'organizzazione. Il sindacato per lui è la prima casa".
Giorgio Santerini vive in prima fila gli anni in cui cambiano profondamente il giornalismo e il mercato del lavoro: "Si evidenzia la sfrangiatura: da un lato la grande disponibilità sul mercato di giornalisti col tesserino e dall'altro la diminuzione dei posti di lavoro. E allo stesso tempo non ci sono più certezze e ancoraggi contrattuali, perché il sistema non li regge più. Santerini affronta questo che lui chiama 'industrialismo'. Oggi diremmo 'finanziarismo'. Che cosa capita oggi nell'editoria? C'è una crisi influenzata sì da quella generale, ma anche da altri fattori: stabilito che quella editoriale per gran parte degli editori è oggi un'industria qualsiasi e affermatasi a livello imprenditoriale l'idea che l'impresa si fa con una gestione industriale efficiente, ma soprattutto stando attenti ai dati della finanza, va a finire che ci si perde di vista. Ecco allora che Rcs fa dei buoni giornali e dei buoni periodici, ma diventano preminenti gli investimenti immobiliari o le acquisizioni non ben meditate come quella spagnola...Tutto questo si vedeva da allora. E Giorgio lo pone da allora alla categoria, lasciandolo nel disegno testamentario sindacale del congresso che lui chiude nel 1996".
Saluto l'amico fraterno Giorgio, filosofo, bravo collega (splendido il suo libro sulla strage di Brescia, scritto con Achille Lega) e bravo sindacalista, sia da presidente della Lombarda che da segretario della Fnsi, con questa video-intervistafatta in una delle sue ultime uscite pubbliche, quando già era sofferente e mangiato dal tumore. Era venuto a trovarmi, rinnovandomi così il grande affetto e la grande stima che ci scambiavamo da trent'anni. E aveva accettato di raccontarsi come mai aveva fatto, rispondendo alle domande dei miei giovani redattori, tutti attenti, tutti colpiti dal carisma e dall'eloquio di quel collega alto quasi due metri e cosi profondo e penetrante nei suoi concetti, nei suoi giudizi, nei suoi consigli.
Il destino ha voluto che Giorgio Santerini morisse il giorno dello sciopero del Corriere, il suo Corriere, quello che, come racconta nello straordinario testamento professionale e morale che ci aveva consegnato venendo qui nella redazine, lo aveva messo alla porta mortificandolo. E lui ne soffriva. Giorgio aveva ereditato da Walter Tobagi la guida della corrente di Stampa Democratica e soprattutto l'amore per un valore che oggi la categoria ha tralasciato o messo tra parentesi, l'autonomia. Dalla politica, dal potere, dal Palazzo. Pagandone un prezzo altissimo, in termini di rispetto e peso, ruolo e credibilità. Giorgio sapeva, ne avevamo parlato tante volte, che Affaritaliani.it è nato e vive proprio per sostenere quella bandiera, il valore dell'autonomia. Per questo ci volevamo bene. E per questo, nel dargli l'estremo saluto, sappiamo che la sua lezione continua.
Da http://www.affaritaliani.it/mediatech/santerini-siddi170213.html
IL RICORDO DI PAOLO SERVENTI LONGHI Giorgio Santerini se ne è andato. Un pezzo della storia del Sindacato unico e unitario dei giornalisti italiani, e della mia storia personale, non c'è più. Ricordo quando andai a salutarlo al Congresso della FNSI di Villasimius (poche ore dopo fui eletto segretario al suo posto). Era un uomo solo, si sentiva solo, anche se sapeva di lasciare tanti amici nel sindacato. Difficile dimenticare la sua passione di sindacalista e di giornalista, le migliaia di ore trascorse a discutere, le estenuanti trattative. Siamo stati d'accordo e in disaccordo ma ci siamo sempre detti tutto con franchezza, nell'amore per la professione e per la sempre più dura battaglia di chi è chiamato a tutelare le colleghe e i colleghi. Contro le mille ingiustizie sul lavoro, specie nei confronti dei più deboli e precari. Non sono stati periodi facili per la FNSI, i suoi, i miei, quelli che la Fnsi e tutta la categoria sta vivendo ora. Giorgio ha affrontato i problemi con pragmatismo e intelligenza. Talvolta ha sbagliato. Ma è riuscito, insieme a tanti di noi, a tenere unito, anzi a riunificare, il nostro sindacato. Pagando sempre di persona il prezzo delle divisioni. È riuscendo a mediare ciò che non sembrava componibile. Grazie davvero Giorgio.GIORNALISTI: ART.21 SCOMPARE SANTERINI, FIGURA IMPORTANTE FNSI
"Esprimiamo il nostro profondo cordoglio per la scomparsa di Giorgio Santerini, già segretario Fnsi. Non avevamo condiviso gli stessi percorsi politici e sindacali - commenta il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti - anzi ci eravamo anche trovati in posizioni contrastanti ma
quando il sindacato si trovò alla vigilia di una possibile scissione trovammo insieme a tanti altri la forza di ricostruire l'unità e di condividere un percorso comune fondato sulla reciproca lealtà e sui valori dell'articolo 21 della Costituzione. Santerini fu il migliore interprete di quella difficile stagione fatta di duro lavoro ma anche di rapporti umani sinceri e profondi. Sono sicuro che la Fnsi e la sua "amata" associazione lombarda troveranno il modo migliore per ricordarlo e per non
disperdere i frutti di quella stagione". 14 settembre 2013 da www.articolo21.org
INDIPENDENZA E AUTONOMIA SINDACALE, LE BATTAGLIE CONTROCORRENTE AL CORRIERE
IL CONTESTATORE DEL CONSOCIATIVISMO
di Gianluigi Da Rold
Credo di ricordare il giovane Giorgio Santerini nel 1967, nella sua casa milanese di via Fabio Filzi , probabilmente la prima da sposato. Ero da poco uscito dal Pci e Giorgio era una firma di punta dell'Avanti! di Milano.
Avevo poca pratica di giornalismo, mi ero limitato a fare il correttore di bozze all'Unità, a scrivere qualche articolo sul giornale dell'Università Statale e Santerini mi apparve, per come parlava, raccontava e si muoveva, come un modello a cui guardare con attenzione e da cui imparare.In quel momento rappresentava il giornalista che anche io volevo fare: un militante socialista riformista. che scriveva per lo storico giornale del suo partito, coniugando passione politica, cultura e giornalismo.
In questo momento l'immagine di quell'incontro appartiene a un lontano pezzo di storia della mia vita, a cui ogni tanto penso con insistenza. Anche perché quell'incontro quasi casuale, divenne l'antefatto di una frequentazione quotidiana tre anni dopo, quando anche io fui assunto come redattore all'Avanti nella sede di piazza Cavour. E da quel momento cominciò un sodalizio complicato, per nulla semplice e facile, perché quelli erano anni di comune appartenenza a un partito politico, ma anche anni di scontri interni, di duri contrasti che rimbalzavano dalla federazione del Psi di via Lunigiana fino all'interno della sede dell'Avanti. Spesso non era facile convivere tra quei contrasti di dura passionalità tra correnti differenti. E contrasti c'erano anche tra me e Giorgio. Ma alla fine, quasi per una magia incredibile, si conviveva sempre e si confezionava quotidianamente un discreto giornale.
Mai avrei immaginato che quel sodalizio tumultuoso sarebbe diventato tanto importante nella mia vita nel giro di quattro anni, quando entrambi (lui un anno prima) ci imbarcammo sulla “corazzata” di via Solferino, l'allora mitico Corriere della Sera. Fu il primo a venirmi a salutare per farmi i complimenti e, con la sua aria un po' grave, un po' ironica e scanzonata, a mettermi subito in guardia sulle insidie, i problemi, anche gli intrighi con i quali avrei dovuto convivere.
In quel Corriere diretto da Piero Ottone ( che Enzo Bettiza aveva battezzato l'Ilja Ehrenburg del cattocomunismo italiano), Santerini era un doppio riferimento. Era un ottimo giornalista, preciso, puntuale, persino puntiglioso, quello che un tempo si sarebbe chiamato con ammirazione un “grande cronista”. Ma in più, Santerini dimostrava rara competenza nell'analizzare i rapporti complessi tra stampa, editoria e potere, tra ruolo del giornalista e mondo politico, tra il giornalista e i “poteri forti”.dell'Italia del tempo. Questa competenza la portava con grande capacità nel sindacato dei giornalisti, sia a livello aziendale, sia ai livelli più alti, nella associazione regionale e nazionale. Nello specifico di quegli anni, Giorgio Santerini divenne il primo a contrastare con accortezza il ruolo di supporto che gli organismi sindacali dei giornalisti fornivano a editori e a gruppi di potere politico ed economico dominante, riportando invece con forza la distinzione dei ruoli e una forte dialettica sindacale. In quegli anni di “unità nazionale”, trasferita spesso meccanicamente e schematicamente a tutti i livelli, Santerini, al Corriere della Sera e nel sindacato dei giornalisti, rappresentò l'alternativa, il contraltare di un consociativismo che stava diventando insopportabile.
Se nel 1975 quella linea sindacal-giornalistica era minoritaria, nel 1976 maturarono condizioni per aprire una vera battaglia, un confronto all'interno del mondo sindacale dei giornalisti. Santerini aveva capacità organizzative di prim'ordine e conoscenze di colleghi in molti giornali. Aveva quindi a disposizione una forza autonoma abbastanza consistente nell'ambiente giornalistico sindacalizzato, sia al Corriere, sia alla “Lombarda”, sia nella FNSI nazionale. Fu in quello stesso anno che Walter Tobagi “scese” dal secondo piano di via Solferino al primo, cioè passò dal Corriere d'Informazione al Corriere della Sera. E sempre in quello stesso anno, in un Psi finito sotto il 10 percento alle ultime elezioni politiche, avvenne la “svolta del Midas”, l'elezione di Bettino Craxi alla segreteria del partito con un nuovo patto, anche generazionale, che sottolineava soprattutto l'autonomia del Psi nella sinistra italiana e la discontinuità verso la politica di unità nazionale.
Giorgio Santerini fu scettico all'inizio sulla “svolta del Midas” e non fu mai un craxiano. Ma in quel momento comprese che per la sua battaglia nel sindacato dei giornalisti l'impulso nuovo che dava il Psi nello scenario politico, serviva a smuovere le acque stagnanti che si respiravano un po' ovunque nel giornalismo italiano. Poi Giorgio individuò in Walter Tobagi non solo il partner ideale con con cui dialogare, ma anche il personaggio indipendente (cattolico e socialista), il professionista di grande caratura e nello stesso tempo di rara sensibilità politica e sindacale su cui si doveva puntare sia all'interno del Corriere sia negli organismi territoriali.
Quella scelta avvenne in totale autonomia, nacque con totale indipendenza e spesso ( si può ricordare il tempestoso congresso della FNSI di Pescara nel 1977) ricco solo di difficoltà e problemi con lo stesso partito socialista, a cui tutto sommato sia Santerini, sia Tobagi, sia io, che avevo subito abbracciato quella scelta, ci riferivamo.
Quella autonomia e quella indipendenza, che fu poi codificata alla fondazione di “Stampa democratica”, la nuova corrente sindacale che costituimmo staccandoci da “Rinnovamento”, era difesa quasi con ferocia da Giorgio Santerini ed era custodita con scrupolo ossessivo da Walter Tobagi. Forse ero io il più tiepido. Ma in tutti i casi, tutti e tre, pur con sfumature diverse, eravamo consapevoli e gelosi di questa autonomia e indipendenza.
Basterebbe leggere i documenti, i programmi, osservare le azioni di lotta sindacale, per rendersi conto che non c'era nessun tutore socialista, o craxiano come si diceva allora, che dettava la nostra linea. Piuttosto, in quel clima politico confuso di fine anni Settanta, faceva comodo ai nostri avversari, ai nostalgici del consociativismo, agli “apostoli” del cattocomunismo anche in campo giornalistico, appiccicarci una etichetta di craxismo o di socialismo “rampante”. E questo fecero, guidati da una rivista mensile di “gossip mediatico”, che attaccava sistematicamente Tobagi, che demonizzava a piacimento sia Santerini che me. Ancora oggi, qualche smemorato lettore di “titoli-slogan” di quella pubblicazione, ripete frasi fatte e non ha neppure la curiosità di andare a leggere i testi degli articoli, magari di interviste, che smentiscono il titolo. Bastava anche conoscere i rapporti problematici che tutti e tre avevamo avuto con il Psi.
E' del tutto evidente che in quella bagarre, in quello scontro, anche il rapporto problematico tra il sottoscritto e Giorgio si cementò, sconfinò in autentico rapporto affettivo tra vecchi “compagni”. Restavano vedute diverse, ancora scontri, ma era Walter che sapeva mediare con sapienza e pazienza tra le nostre posizioni. Spesso, di notte, a casa sua, Walter alzava la voce e guardando me e Giorgio, diceva: “Per favore risparmiatemi lo scazzo isterico”.
Fino al 28 maggio 1980, fino al giorno dell'assassinio di Tobagi da parte di aspiranti brigatisti, il sodalizio problematico tra me e Giorgio continuò in modo intenso. La morte di Walter ci sconvolse, ci mise di fronte a una realtà terribile e impensabile. Santerini, con un coraggio da leone prese il posto di Walter all'Associazione dei Giornalisti, che rappresentava sempre un “bersaglio” per gli agenti del terrore. Io reagii con foga e dolore, cercando disperatamente di testimoniare quello che Walter aveva rappresentato nel sindacato dei giornalisti e soprattutto al Corriere della Sera.
Forse le strade che io e Giorgio percorremmo dopo l'assassinio di Walter non furono parallele. Riprendemmo a scontrarci anche aspramente soprattutto sulla questione dei “mandanti morali” del delitto Tobagi. Lentamente le nostre strade si separarono. Ma devo dire che Giorgio mi aveva dato tanto, che non era possibile dimenticarlo e credo, spero, che la stessa cosa capitasse a lui nei miei riguardi.
Avevamo vissuto insieme una stagione della vita talmente intensa, che non era possibile cancellarla, anche se tutti i riferimenti politici, sindacali, culturali erano cambiati. Ci rivedemmo qualche volta, ci telefonammo e ci incontrammo, poi da molti anni ci limitavamo, con tutta probabilità a ricordare. Ieri nel primo pomeriggio, nella camera ardente dell'Associazione, dietro al feretro di Giorgio, si vedeva una grande fotografia di Walter. Mi è venuto da pensare: cari amici, la pista è finita, ma quanto è stato bello percorrerne insieme lunghi tratti con tanta intensità e passione. Poi ritornavo sul sodalizio problematico con Giorgio. Pensavo che eravamo due “testoni”, con grovigli psicologici da dipanare. Ma forse appartenevano alla stessa “tribù”: due anarchici, fortunatamente educati dall' antica scuola riformista. Nonostante tutto, era sempre la nostra “tribù”, la nostra casa. Ciao, Giorgio.
Gianluigi da Rold ricorda Santerini - Da Critica Sociale - Numero del 16 settembre 2013
UN RICORDO SCRITTO DA EDMONDO RHO
CIAO GIORGIO SANTERINI, CI MANCHERAI TANTO
COME SANTERINI HA CAMBIATO TUTTI NOI
di Marco Volpati
Di Stampa Democratica Giorgio Santerini è stato la mente e l’anima fin dal 1977. Anche quando si era ritirato da tutti gli incarichi non ha mai smesso di pensare e progettare.
Agli esordi fu lui a scegliere Tobagi: da scopritore di talenti aveva visto la genialità di un ragazzo che ambienti importanti si contendevano (l’Università, i giornali), e intuì che Walter poteva essere il capo carismatico di un sindacato davvero nuovo.
Giorgio è stato sempre uno spirito inquieto, con la voglia di cambiare le cose. Nato e cresciuto a Genova, era approdato a Milano come luogo idoneo per i sogni di un intellettuale: letteratura, editoria, poi giornalismo.
Un decennio all’Avanti!, e poi il Corriere. Tre passioni fortissime e permanenti: politica, giornalismo, sindacato. Di politica si è appassionato fino alla scorsa estate. Sempre socialista, anche quando candidarsi al Comune di Milano nel 1997 era una sfida al destino e quasi alla storia; l’orgoglio di riportare un segno di quel riformismo che aveva guidato l’amministrazione della città fin dall’inizio del ‘900. Negli anni ‘70 aveva assunto anche cariche di partito a Milano e Pavia; esperienze, poi archiviate, in cui aveva scelto di essere un regista più che un uomo da palcoscenico.
Giornalismo e sindacalismo divennero presto tutt’uno. Dalla trincea del Corriere maturò la determinazione a cambiare gli equilibri di una Federazione della Stampa bilanciata (lottizzata), che procedeva sommessa in parallelo con la politica, per ottenere qualche attenzione o regalia da governi e partiti dominanti. Lanciò, e alla fine vinse, la battaglia per un sindacato che avesse al centro l’orgoglio dell’autonomia professionale e non fosse addomesticabile; i risultati si videro, soprattutto quando assunse, dal 1990, la segreteria nazionale. Lui e Stampa Democratica ottennero col tempo il riconoscimento e il rispetto di avversari durissimi, che pensavano, e alcuni ancora legittimamente pensano, che un sindacato di giornalisti debba riconoscere il primato alla politica di partito.
Lasciata nel 1996 la segreteria della FNSI, non ha più assunto nessun incarico di categoria; però il suo ritiro non significò mai rifiuto o rimozione. Ha continuato a parlare, analizzare, consigliare.
Per tutto questo tempo lo ha accompagnato un tormento irrisolvibile: che se non avesse insistito perché Walter si occupasse di Associazione Lombarda e di FNSI, forse Tobagi non sarebbe entrato nel mirino degli apprendisti terroristi di Marco Barbone. Segni di questo rovello si riconoscono nelle riflessioni sulla vita e la morte che hanno spazio nei suoi scritti.
Di uno come Santerini si usa dire che ci mancherà. Con lui questo sarà fin troppo vero: nei dubbi, nei crucci, di fronte alle scelte drammatiche, avremo ancora l’impulso di chiedere a Giorgio che cosa è meglio fare.
16 settembre 2013
COSI’ ERA GIORGIO
di Mariagrazia Molinari
QUANDO SANTERINI SALVÒ L'INPGI DALL'INPS
di Sergio Menicucci
Non un addio ma un arrivederci. Giorgio Santerini lascia al giornalismo un’eredità fatta di passione e di pragmatismo, di alte capacità professionali e umane, di lungimiranza sui tempi che cambiavano nella società e nel mondo dell’editoria. Ricordare Giorgio Santerini più come militante socialista ( aveva iniziato all’Avanti ed era stato candidato a sindaco di Milano da pensionato) che come leader sindacale dei giornalisti è far torto ad un personaggio che pur non rinnegando mai la sua matrice ideologica si è battuto per un sindacato libero, autonomo e indipendente rispetto a tutti i poteri.
La sua visione di giornalismo era, a partire dagli anni di piombo non conclusi con l’uccisione del suo amico e collega al Corriere della sera Walter Tobagi, era diametralmente opposta a quella prevalente nella corrente di sinistra allora dominante e appiattita sugli orientamenti del Pci oltre che simpatizzante degli estremisti extraparlamentari. Chi ha vissuto nelle redazioni dei giornali e nella Rai quella stagione non può comprendere appieno l’atmosfera di odio di classe e di esaltazione terroristica che idealizzava la critica delle armi e l’uso della P38, come hanno tante volte descritto Indro Montanelli, Carlo Casalegno, Mario Cervi, Antonio Spinosa e Federico Orlando.
Se i giornalisti italiani hanno ancora un buon contratto, soprattutto sul piano economico, un istituto di previdenza ( Inpgi) saldo e solido fino al 2050 e non assorbito dall’Inps, una cassa autonoma per le prestazioni sanitarie oltre il sistema nazionale lo devono a quella stagione in cui Giorgio Santerini divenne leader di uno schieramento di moderati orientato a risolvere i problemi economici e morali dei giornalisti italiani alle prese con le trasformazioni tecnologiche e le convulsioni politiche.
Aveva trovato una convergenza di pensiero e d’azione con i milanesi Walter Tobagi, Maurizio Andreolo, Marco Volpati, Gianluigi De Rold, Giovanni Negri, Franco Abruzzo, Edmondo Rho, Mariagrazia Molinari, i romani Gilberto Evangelisti, Guido Guidi, Marcello Zeri, Arturo Diaconale, Guido Paglia, Giovanni Buffa, Paolo Liguori, Paolo Cantore, Angela Buttiglione, Francobaldo Chiocci, Angelo Frignani, Giuliana Del Bufalo, Paolo Serventi Longhi, Alessandro Caprettini, Paola Angelici, Paola Conti, il napoletano Giacomo Lombardi, il fiorentino Stefano Sieni, il siciliano Mario Petrina, l’abruzzese Domenico Marcozzi.
Era stato uno dei fondatori della componente Stampa Democratica (comparsa per la prima volta come minoranza contestata dal gruppo di sinistra di Rinnovamento al congresso Fnsi di Pescara del 1978) e dopo l’uccisione da parte delle Brigate rosse di Tobagi nel maggio del 1980 venne eletto presidente dell’Associazione stampa lombarda, carica che ricoprì per 12 anni fino a quando nel 1991 fu eletto segretario della Federazione nazionale della stampa.
Autonomia, libertà, pluralismo, unità sono stati i paletti della sua azione quotidiana nel lavoro e nel sindacato. Nei 5 anni della sua gestione ( subentrato in corsa a Giuliana Del Bufalo che si era dimessa per entrare al Tg2 della Rai, ed eletto allo storico congresso di Pugnochiuso nell’autunno del 1990) il sindacato dei giornalisti ha affrontato la fase più acuta delle trasformazioni dei quotidiani (ristrutturazioni a catena, introduzione dei computer anche nei sistemi di impaginazione e dei services, nuove forme di giornalismo e sinergie editoriali, scarsi finanziamenti pubblici) che vedevano dirottata verso le Tv la stragrande quota degli introiti pubblicitari.
Tra giornalismo e politica Santerini privilegiò sempre il primo. E quando comprese che il sindacato era sull’orlo della scissione e la sua azione era sempre più contestata fece un salto di alleanze in Fnsi ( scontentando gli amici romani) portando alla vicepresidenza il segretario dei giornalisti Rai Beppe Giulietti. Una breve convivenza. Al congresso di Villasimius (1996) comprese che la stagione stava prendendo una strada che non gli piaceva. Fece l’ultima relazione, presenziò una riunione di maggioranza, prese un aereo e tornò a Milano.
Amato e contestato. Stop dell’Alleanza tra Stampa Democratica e Autonomia e solidarietà, erede di Rinnovamento di Sandro Curzi, Luciano Cerchia, Vittorio Roidi, Gabriele Cescutti, Miriam Mafai. Il seguito è la lunga gestione di Lorenzo del Boca alla presidenza e Paolo Serventi Longhi, prima dell’epoca Franco Siddi-Roberto Natale. DA L’OPINIONE –POLITICA DEL 18 SETTEMBRE 2013
SE N’È ANDATO GIORGIO SANTERINI. DIFENDEVA GIORNALISTI E GIORNALISMO
di Massimo A. Alberizzi
Quando ho letto il comunicato di Maurizio Andriolo che annunciava la morte di Giorgio Santerini mi è venuto un moto di rabbia e stizza. Non solo tristezza. Giorgio non era solo un sindacalista di eccezione, ma per me anche un amico. L’ultimo segretario che ha lottato, assieme al suo vice Beppe Giulietti, per mantenere intatte le conquiste sindacali ottenute dai giornalisti negli anni. Il contratto che Giorgio Santerini e Beppe Giulietti hanno firmato resta l’ultimo degno di questo nome. Da allora, di anno in anno, il patto con gli editori è stato svuotato sempre di più.
Abbiamo lavorato assieme nella stessa redazione al Corriere della Sera per diversi anni. C’era con noi anche Giuseppe Baiocchi, che si è spento un paio di mesi fa. Tre personalità e culture intimamente diverse. Eppure andavamo profondamente d’accordo, uniti come eravamo dalla passione per questo lavoro che cercavamo di fare al meglio. Un socialista, un cattolico e un estremista liberale.
Giorgio era geniale. Ricordo in una micidiale notte estiva, dilaniati dagli insetti che sembrava avessero fatto il nido nei sotterranei del Corriere della Sera, un suo titolo a nove colonne (allora erano 9). “Hanno vinto le zanzare!”.
Quando diventò presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti cercò di continuare a fare il giornalista e, per un po’, seguitò a venire in redazione, poi gli impegni sindacali glielo impedirono. Socialista. Sì, certo di idee era socialista, ma di spirito libero; non era né allineato, né prendeva ordini. Non era craxiano e non amava i craxiani, neanche quando Craxi era in auge ed erano in tanti giornalisti che aspiravano a entrare nella sua corte. Giorgio era estraneo alla “Milano da bere” o ai ritrovi al Sant’Ambroeus, dove, come tanti proci, si ritrovavano i giornalisti socialisti a ora tarda, dopo le chiusure dei giornali.
Quando Craxi o chi per lui gli offrì di entrare nella “Assemblea dei mille socialisti – dove avevano trovato spazio intellettuali, pubblicitari, finanzieri, stilisti, perbenisti e varia umanità molto spesso conservatori incalliti che appoggiavano il leader solo per ricavarne qualche briciola di denaro e potere – disse di no. Discutemmo della faccenda durante una lunghissima passeggiata attorno all’isolato di via Solferino. Era molto imbarazzato della richiesta. Non voleva accettare ma temeva di irritare il potere con conseguenze disastrose per il sindacato. Gli illustrai quello che io pensavo: giornalismo e politica non vanno d’accordo, o l’uno o l’altro. Sciolse così il suo dubbio.
In quei giorni era uscita un’intervista di un collega del Corriere della Sera su Prima Comunicazione dal titolo più o meno così: “Sono prima socialista e poi giornalista”. Giorgio l’aveva giudicata vergognosa. Non eravamo sempre d’accordo sulla sua azione sindacale. Per cacciare la vecchia dirigenza che aveva ingessato la Federazione Nazionale della Stampa, si era alleato con vari gruppi che poi cercavano di condizionarlo, chiedendo (e ottenendo) posti di potere, non per esercitare un’azione sindacale, ma solo per occupare un posto al sole o per lucrare qualche soldo con viaggi a Roma pagati dal sindacato. Se ne rendeva conto e con lui discussi anche di questo. Alle mie critiche rispose: “E’ l’unico modo per rifondare il sindacato. Per fare un buon contratto occorre arrivare ai vertici, a qualunque costo”.
Effettivamente riuscì a rinnovare il vertice, salendo lui alla segreteria e alleandosi con Beppe Giulietti, una delle poche teste pensanti del sindacato. Pur essendo caratterialmente diversi – Giorgio era un po’ ombroso, Beppe solare – l’accoppiata si rivelò vincente. I due guidarono la FNSI con grande passione e con grande vigore, appianando le loro divergenze; riuscirono a mobilitarei colleghi e firmarono con gli editori l’ultimo contratto serio della categoria. Giorgio aveva intuito che il futuro della professione sarebbe passato per i freelance e i collaboratori cui andava garantita una dignità di lavoro e quindi di salario.
Al congresso della Fnsi di Villasimius (era il 1996) fece la sua ultima relazione e dopo una riunione della maggioranza che lo sosteneva, in cui invitò a eleggere Simona Fossati (che appunto giàda allora si occupava di freelance con il gruppo Penne Sciolte) alla presidenza della FNSI, scomparve senza salutare per evitare commiati difficili. Ce ne accorgemmo solo quando la mattina lo cercammo nella sua stanza e alla reception dell’albergo ci dissero che era partito.
I suoi seguaci a quel punto si scatenarono in lotte intestine per conquistare segreteria e presidenza, dove furono eletti rispettivamente Paolo Serventi Longhi e Lorenzo del Boca. L’alleanza vincente tra la corrente di Giorgio, Stampa Democratica, e di Beppe, Automonia e Solidarietà, si sfasciò e tanti dirigenti pensarono solo al loro futuro personale. Il sindacato accrebbe la contiguità con gli editori, i freelance vennero abbandonati e la stessa sorte subirono i contrattualizzati. Cominciò il lento declino della FNSI cui stiamo assistendo ancora oggi. 15 settembre 2013 da http://www.articolo21.org/
Questa mattina Giorgio Santerinici ha lasciati.
Uomo burbero dal cuore d'oro, giornalista, scrittore, ma soprattutto grande sindacalista, Presidente dell'Associazione lombarda dei giornalisti e Segretario generale della Fnsi.
Quarto Potere lo saluta con affetto e profonda tristezza, si stringe al dolore della famiglia e lo ricorda con uno scritto di Edmondo Rho.
Ciao, Giorgio. Mancherai tanto a tutti noi.
http://www.quartopotere.org/news/index.php?option=com_content&task=view&id=733&Itemid=1
SUBALPINA: CORDOGLIO PER SANTERINI
Il Segretario Stefano Tallia e l'Associazione Stampa Subalpina esprimono profondo cordoglio per la scomparsa di Giorgio Santerini, già segretario Fnsi in stagioni sindacali difficili quanto stimolanti e proficue.
Alla famiglia le sincere condoglianze.
Il Sindacato giornalisti abruzzesi si unisce al dolore di tutti i giornalisti italiani per la perdita del caro Giorgio che come pochi altri seppe guidare la lotta e le rivendicazioni della nostra associazione.
Franco Farias
Segretario Sindacato giornalisti abruzzesi
16/09/2013
Alla CA Fnsi