«È grave e inaccettabile che un'azienda faccia ricorso ad un investigatore privato per raccogliere gli elementi necessari per giustificare il licenziamento di un giornalista». Lo afferma il segretario generale della FNSI, Raffaele Lorusso, in seguito al licenziamento di un corrispondente del Giorno di Milano.
«Senza entrare nel merito, non avendone gli elementi, delle contestazioni mosse al collega – osserva Lorusso – sconcerta il metodo adottato dall'azienda, che ha fatto pedinare da un investigatore il giornalista per un periodo di tempo. La gravità della decisione aziendale sta nel fatto che, in questo modo, è stata violata la sfera della libertà personale e, soprattutto, professionale del giornalista, fatta di relazioni e rapporti con le fonti che devono sempre restare segreti e riservati. Si tratta di una violazione che contrasta con i principi e le regole della professione, oltre che con le norme del contratto nazionale di lavoro giornalistico che tutelano la libertà del giornalista e la segretezza delle fonti».
Al di là del merito dei fatti che l'azienda contesta al giornalista, conclude il segretario generale della Fnsi, «si tratta di un aspetto che dovrà essere contestato in giudizio perché nessuna attività di accertamento dei fatti in sede aziendale può giustificare il ricorso a pratiche che violano la privacy e la segretezza delle fonti del giornalista».
Sulla vicenda si erano espressi anche l’Associazione Lombarda dei Giornalisti e il Coordinamento dei Cdr del Gruppo Poligrafici Editoriale. Di seguito i loro comunicati.
Il comunicato dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti
È sconvolgente il metodo adottato dalla dirigenza de Il Giorno per licenziare un proprio giornalista: farlo pedinare. «Gli appostamenti sotto casa affidati a professionisti del settore per verificare gli spostamenti del dipendente sono soluzioni inaccettabili – spiega il presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, Paolo Perucchini -. Non solo violano la libertà individuale del singolo che si vede controllato nella sfera privata, ma minano alla base la regola della riservatezza professionale e la salvaguardia delle fonti: principi cardine della libertà del giornalismo. Questi controlli ricordano comportamenti ossessivi di 'regime totalitari' che vorremmo solo dimenticare».
Per questi motivi l’ALG è al fianco del collega licenziato e dei giornalisti de Il Giorno e del gruppo Poligrafici Editoriale (Il Resto del Carlino, La Nazione e QN).
«Ma saremo al fianco dei colleghi nella battaglia di civiltà con la quale pretenderemo l’adozione di comportamenti che non violino le libertà individuali e la vita privata dei dipendenti anche quando un’azienda intenda elevare gravi contestazioni disciplinari sul lavoro».
Il comunicato del Coordinamento dei Cdr del Gruppo Poligrafici Editoriale
Care colleghe, cari colleghi, l’azienda ha utilizzato un investigatore privato per controllare un collega, in questo caso un articolo 12 del Giorno, arrivando infine al suo licenziamento. Come Coordinamento riteniamo gravissimo che in questa azienda vengano utilizzate barbaramente forme di controllo dell’attività lavorativa dei dipendenti, come in questo caso, tanto più in un ambiente professionale, come quello giornalistico, dove la tutela delle fonti viene prima di tutto. È inaccettabile anche solo sospettare che siano ingaggiate spie che sotto casa o nello svolgimento del nostro lavoro quotidiano prendano nota di ogni nostra mossa e la riportino alla direzione aziendale. Era nostro dovere informarvi anche perché si tratta di comportamenti che minano la reciproca fiducia ai tavoli sindacali, negli incontri e nel confronto quotidiano. Speriamo che si sia trattata di una deprecabile leggerezza da parte dell’azienda ma allo stesso tempo la diffidiamo dal reiterare tali pratiche. Di quanto successo informeremo le associazioni stampa regionali e la Fnsi chiedendo anche un intervento a livello nazionale.