Ancora una volta l’editore del Giornale di Sicilia ha mandato in edicola il quotidiano in un giorno di sciopero nazionale della categoria. Ancora una volta il giornale è stato redatto da pochi giornalisti dirigenti e da qualche collaboratore precario. Ha scioperato invece la stragrande maggioranza dei redattori.
A nulla sono valsi i tentativi del comitato di redazione, cui i colleghi hanno riconfermato fiducia quasi all’unanimità nei giorni scorsi, di avviare con l’azienda un ragionamento pacato e costruttivo che non lasciasse alcuna opzione fuori dalla porta. Evidentemente non c’è peggiore sordo di quello che non vuole ascoltare e che prosegue a tutti i costi nella decisione di ignorare qualsiasi regola compresa quella dei numeri. Non vale, infatti, richiamarsi alla libertà di lavoro da contrapporre a quella di scioperare. Perché quando i numeri sono questi è del tutto evidente che chi ha deciso di lavorare non lo ha fatto solo per i ruoli, le mansioni e i carichi di lavoro che lo riguardano ma si è accollato anche parte di ruoli, mansioni e carichi di lavoro di chi ha scioperato. E questo non c’entra nulla con la libertà. Dispiace che l’editore del Giornale di Sicilia abbia deciso di ignorare le aperture del Cdr e del sindacato regionale, che ha impegnato nei contatti una figura prestigiosa del giornalismo e del sindacato siciliani. Dispiace che l’editore abbia altresì ignorato il disagio che ormai traspare anche in molti dei colleghi che continuano a sostenerlo nelle sue decisioni. Stando così le cose il sindacato non può che proseguire nella sua azione di contrasto attingendo a tutte le opportunità offerte dalla legge a difesa della stragrande maggioranza dei giornalisti del Giornale di Sicilia.
Dichiarazione di Enrico Bellavia, segretario della sezione di Palermo dell’Associazione siciliana della Stampa
Editore e direttore del Giornale di Sicilia hanno ancora una volta fatto leva sul precariato diffuso all’interno della redazione per mandare in edicola un prodotto con pochissime informazioni e moltissima pubblicità. Di fronte a un’astensione nazionale per il rinnovo del contratto di lavoro, i precari che hanno sostituito i giornalisti in sciopero hanno barattato la loro professionalità al banco delle promesse riservate agli acquiescenti. La dignità di un mestiere, oltre che la stessa libertà di stampa, si difendono facendo muro di fronte alla pretesa degli editori di trasformare l’informazione in un mercato selvaggio, in cui le garanzie contrattuali, baluardo a difesa dell’indipendenza, vengono cancellate e sostituite con il caporalato. Verifichi la magistratura, come già sollecitato con due esposti del sindacato dei giornalisti, la legittimità di una tale condotta. Lettori e inserzionisti riflettano invece sulla credibilità di quotidiani confezionati con i criteri dei depliant pubblicitari.