Basta con i processi scimmiottati in tv o impropriamente trasferiti dalle aule di giustizia al piccolo schermo: è il senso dell'atto di indirizzo adottato ieri dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e illustrato oggi dal presidente, Corrado Calabrò, ''in Tv - ha sottolineato Calabrò - il processo, lo pseudo processo o la mimesi del processo non si possono fare. L'informazione deve essere equilibrata, obiettiva e deve garantire il contraddittorio senza anticipare giudizi su questioni ancora subiudice''.
Questo, ha detto ancora il presidente, ''non vuol dire porre limiti alla libertà di informazione. Ma l'informazione non può diventare gogna mediatica né spettacolarizzazione ispirata più all'amore per l'audience che all'amore per la verità ''. In base all'atto di indirizzo, che ha ''una portata generale'', l'Autorità, ha annunciato Calabrò, inviterà a breve ''gli operatori dell'informazione a un tavolo per riflettere insieme sulle linee guida da noi suggerite e per adottare un codice di autoregolamentazione''. La strada scelta, dunque, è quella della 'persuasione' piuttosto che dell'intervento sanzionatorio: ''Il nostro compito - ha detto ancora il presidente - è indurre gli operatori a condividere certi valori e ad applicarli''. Le eventuali sanzioni arriveranno in un secondo momento: ''Saranno valutati i singoli casi in base alla loro conformità o meno alle norme vigenti. Le verifiche sono già in corso: l'atto di indirizzo vuole anche allertare gli operatori su una nostra particolare e vigile attenzione su questi aspetti''. ''Il processo - ha insistito Calabrò - lo deve fare il giudice, l'accusa la deve sostenere il pubblico ministero, la difesa spetta agli avvocati. Il tutto secondo regole che garantiscano un appropriato svolgimento del processo e il rispetto dei diritti fondamentali della persona. Non è ammissibile ed è in contrasto anche con gli indirizzi della Vigilanza che il ruolo dei giudici, degli accusatori, dei difensori, dei testimoni venga svolto da giornalisti, da soggetti estranei al processo o magari anche da figuranti''. Il riferimento è alla ''rappresentazione in fiction di vicende processuali, che qualche volta viene adottata nei programmi tv e che può confondere il pubblico, il quale può pensare anche di trovarsi di fronte a vicende riprese in diretta''. Calabrò non ha voluto scendere nel dettaglio di esempi particolari finiti nel mirino dell'Autorità e ha sottolineato come ''l'ultima spinta decisiva'' all'adozione del provvedimento sia stato ''il monito lanciato su questi temi dal Primo Presidente della Cassazione Vincenzo Carbone. Il livello di civiltà di uno Stato - ha sottolineato - si misura innanzi tutto dal rispetto per la giustizia. Certo, la giustizia deve mostrarsi indipendente ed efficiente, ma all'inadeguatezza della giustizia non si supplisce trasferendo i processi dalle aule giudiziarie in tv''. (ANSA) Il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, ha dichiarato: “Le parole del presidente dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, Corrado Calabrò, sul tema delle “gogne medianiche” suscitano inquietudine anche se pongono, all’attenzione di chi fa informazione, un problema reale sul quale siamo pronti alla discussione. D’altronde il Sindacato dei Giornalisti non è mai stato incline alla spettacolarizzazione e alla trasposizione dei processi dalle aule giudiziarie al piccolo schermo. L’abbiamo sempre sostenuto: l’informazione non va confusa con l’intrattenimento ed in particolare con quello che non aiuta né la verità né la comprensione dei fatti. Siamo da sempre strenui difensori del diritto-dovere del giornalista di svolgere inchieste ma cosa francamente diversa è lo spettacolo indecoroso al quale troppo spesso siamo costretti ad assistere in alcune trasmissioni televisive che puntano troppo sull’impatto emotivo del pubblico relativamente a gravi e ad efferati delitti. L’Auditel non può essere il solo metro di giudizio della bontà delle trasmissioni. Quanto poi a possibili codici di autoregolamentazione voglio ricordare, qui da Messina di fronte a centinaia di giornalisti in assemblea, che i codici di autoregolamentazione già esistono. Basterebbe solo applicarli e farli rispettare”. Il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Roberto Natale, ha dichiarato: “Il richiamo che viene dall’Agcom è un’occasione che l’informazione italiana farebbe bene a cogliere. I giornalisti hanno rifiutato e continueranno a rifiutare ogni tentativo di imbavagliarli. Ma la difesa puntigliosa del diritto-dovere di cronaca non è imparentata con la spettacolarizzazione dilagante delle vicende che, da Cogne in poi, hanno segnato la cronaca nera degli ultimi anni. Prima ancora dell’Agcom, molte voci dall’interno delle redazioni manifestano da tempo forte disagio per il risalto che, soprattutto in alcuni programmi di rete, viene dato a certe vicende giudiziarie in funzione di un’attenzione ossessiva ai dati di ascolto. Nel recente congresso Fnsi è stata approvata all’unanimità una mozione che, denunciando l’uso spregiudicato delle cronache su fatti di sangue, propone di ripensare l’uso dello strumento Auditel. Non dovrebbe esserci bisogno della tirata d’orecchie dell’Agcom perché l’informazione italiana, specialmente televisiva, si fermasse a ragionare e provasse a cambiare strada: anche restituendo spazi ai tanti tipi di cronaca (sulle vicende della criminalità organizzata, sugli intrecci fra politica e affari, sulle condizioni di vita e di morte nei luoghi di lavoro) che potrebbero prendere, almeno in parte, il posto occupato in questi anni nei palinsesti dalla narrazione infinita di alcuni delitti. La Fnsi organizzerà a breve un confronto pubblico su questi temi fra direttori di testata e di rete, responsabili delle aziende televisive, esperti di Auditel e rappresentanti delle autorità di garanzia.”