Con riferimento ad alcune perplessità e interpretazioni manifestate recentemente in merito alla vicenda Sopaf da alcuni esponenti della categoria, dichiaratamente basate sulle argomentazioni contenute in un parere reso dall’Avvocato Andrea Marani all’Istituto in data 5 marzo 2015 e fondato sull’analisi degli atti del procedimento penale attualmente a carico dei Sigg.ri Giorgio Magnoni, Luca Emilio Alessandro Magnoni e altri, l’Ente chiarisce quanto segue.
In primo luogo, si sottolinea che l’Inpgi, al fine di acquisire utili elementi
di valutazione della questione in esame, ha conferito mandato affinché
venissero illustrate le possibili azioni da intraprendere a tutela degli
interessi dell’ente e, quindi, degli iscritti, per il risarcimento degli
eventuali danni subiti nel corso di tale vicenda.
L’Avvocato, nel fornire un quadro preciso e dettagliato in relazione a tutti
gli elementi della vicenda, ha quindi messo in particolare risalto - sia in
senso favorevole che sfavorevole - gli aspetti potenzialmente idonei a
suffragare la tesi della sussistenza o meno di un danno giuridicamente
rilevante causato all’Inpgi dalla Sopaf in relazione al comportamento
contrattuale assunto da quest’ultima nel corso della negoziazione.
L’analisi ha investito una serie di fattori e, in tale ambito, la ricostruzione
effettuata dal legale ha, tra l’altro, posto in evidenza alcuni dettagli
tecnici relativi al contenuto delle clausole negoziali inserite negli atti che
hanno portato al perfezionamento dell’acquisto, da parte dell’Inpgi, delle 225
quote del Fondo Immobili Pubblici attraverso una transazione commerciale
articolata in più fasi e regolamentata sulla base, tra l’altro, di un
accordo (c.d. “escrow agreement”) che
prevedeva il coinvolgimento di un terzo intermediario (un Istituto di Credito)
in funzione di soggetto garante del buon fine dell’operazione.
E’ noto che le quote sono state regolarmente incassate ad un prezzo scontato
rispetto a quello evidenziato dalla società di gestione del Fondo al 30 giugno
2008 (NAV) secondo le normative di
legge, disponibile alla data dell’operazione, sono presenti nel portafoglio
dell’ente e hanno reso mediamente oltre il 9% annuo negli ultimi sei anni. Non
solo. L’accordo contrattuale ha comportato anche l’incasso della cedola maturata
nel semestre precedente (circa 900 mila euro) che non sarebbe stata dovuta.
L’esame di questo documento da parte del legale ha evidenziato l’esistenza di
alcuni aspetti critici circa le possibilità di avviare una azione di
risarcimento in favore dell’Istituto.
In primo luogo, la circostanza che la Sopaf, al momento della sottoscrizione
del contratto, non fosse effettivamente proprietaria delle quote oggetto di
negoziazione, non costituirebbe – di per sé – un elemento decisivo che possa
autonomamente legittimare una pretesa risarcitoria.
Di contro, da una attenta e obiettiva lettura del parere del legale incaricato,
non vi è alcuna ricostruzione dei fatti che possa indurre a ritenere che gli
uffici dell’Istituto fossero effettivamente a conoscenza della circostanza che
la Sopaf non fosse, al momento della sottoscrizione dell’accordo, proprietaria
delle quote. Molto più pragmaticamente, nel parere viene sostanzialmente
evidenziato come l’attenta stesura del documento da parte di quest’ultima - con
l’abile utilizzo di una terminologia generica che, in quanto tale, non ha
indotto l’ente a nutrire sospetti sulla titolarità delle quote oggetto di
compravendita - non sembri essere tuttavia idonea a configurare una vera e
propria “falsa rappresentazione della realtà”.Inoltre, appare al riguardo ancor
più rilevante l’ulteriore considerazione, svolta dal legale, in merito
all’assenza di un preciso obbligo giuridico, in capo alla Sopaf, di rendere
nota la circostanza che la stessa non fosse titolare delle quote.
Riassumendo, l’orientamento interpretativo espresso chiaramente dal legale
incaricato fa emergere alcuni profili di criticità in merito alla possibilità,
per l’Inpgi, di ottenere un eventuale risarcimento dei danni da parte della
Sopaf, basandosi principalmente sulla circostanza della mancata comunicazione,
da parte della stessa, dell’assenza di titolarità delle quote all’atto della
sottoscrizione degli accordi di compravendita, sia in quanto la Società non era
giuridicamente tenuta a dichiarare obbligatoriamente questa circostanza, sia in
quanto la formulazione letterale degli stessi non conteneva comunque una
esplicita affermazione in senso contrario. Sulla base di questi elementi
affermare o ipotizzare che l’Istituto fosse a conoscenza della derivazione delle
quote appare del tutto fuorviante.
Si deve tenere ben presente che il Fondo in oggetto (F.I.P. – Fondo Immobili
Pubblici) è riservato ad investitori qualificati, di tipo chiuso e non quotato
su alcun mercato borsistico. Pertanto, non era e non è disponibile sul mercato
alcuna informazione sui detentori delle quote e sui prezzi della loro
negoziazione tra gli investitori. L’unico dato disponibile, oggi come ieri, è
la valutazione formale del valore delle quote, emessa ogni semestre, come
prescrive la legge. Su quel valore l’Istituto si è basato, come in altri
migliaia di casi che si verificano ogni giorno sul mercato.
L’estrapolazione da un lungo ed articolato documento di singoli elementi o
frasi, operata da alcuni esponenti della categoria, ne fa smarrire la logica e
il contesto e ne rende incomprensibile e fuorviante il contenuto.
Per quanto riguarda, infine, gli aspetti legati alle modalità di attuazione
dell’”escrow agreement”, si precisa che il perfezionamento del contratto di
compravendita quote FIP prevedeva l’esistenza di due conti separati aperti
presso l’Istituto di Credito: un conto “intermedio vincolato” a favore dello
stesso Istituto di Credito incaricato di svolgere l’attività di garante del
buon fine dell’operazione ed uno di “destinazione finale” intestato alla Sopaf.
L’avvenuto pagamento del corrispettivo delle quote direttamente sul conto
corrente bancario di destinazione finale intestato alla Sopaf invece che su
quello vincolato, oltre ad essere frutto di un mero errore materiale posto in
essere in evidente buona fede dagli uffici dell’ente, è del tutto irrilevante
ai fini di qualsiasi qualificazione della fattispecie.
Peraltro, è necessario sottolineare che dagli atti del procedimento a carico
dei Sigg. Magnoni, a cui i legali dell’Ente hanno avuto accesso a partire
dall’inizio del mese di febbraio di quest’anno, è emerso che il giorno
successivo a quello nel quale era stato effettuato il versamento in oggetto, la
Sopaf ha provveduto a “girocontare”
l’intera somma sul conto “intermedio vincolato” (vale a dire, quello corretto sul quale gli importi sarebbero dovuti
transitare sin dall’inizio) con valuta al giorno precedente.
Ogni diversa interpretazione del parere reso dall’Avvocato Marani – così come
di ogni altro elemento finora disponibile - appare, evidentemente, del tutto
strumentale ad alimentare una ricostruzione dei fatti completamente estranea al
contenuto, alla finalità e alle conclusioni dell’indagine svolta dal legale.
Roma, 24 marzo 2015
Fonte: Comunicato stampa Inpgi