Più che punire i giornalisti che pubblicano le intercettazioni o gli editori, va punito in primo luogo chi viola il segreto istruttorio lasciandole trapelare all'esterno: è la posizione del presidente della Federazione degli editori, Boris Biancheri, a proposito dell'annunciata stretta sull'uso di questo strumento investigativo.
''Limitare le intercettazioni alle indagini relative a reati di terrorismo e criminalità organizzata - afferma Biancheri in una nota - non mi sembra affatto una buona idea. Un sequestro di persona o la corruzione di un pubblico ufficiale che non hanno connessioni con mafia o camorra non sono meno gravi per questo''. Per il presidente della Fieg, ''quel che è necessario è che le intercettazioni siano disposte solo in caso di assoluta necessità e che venga tutelato rigorosamente il segreto istruttorio. Si parla di punire il giornalista che scrive una notizia o l'editore che la pubblica: ma va punito in primo luogo chi, violando il dovere di mantenere il segreto sul contenuto di una intercettazione, l'ha comunicata o lasciata trapelare all'esterno'', conclude. (ANSA)