«Quello che è stato mandato in onda ieri non ha niente a che fare con il giornalismo d'inchiesta. È propaganda». Così il segretario generale Raffaele Lorusso, a Trieste per l’assemblea annuale dell’Assostampa, ha commentato il servizio mandato in onda da Report a proposito dell'istituto di previdenza dei giornalisti.
«È stata portata avanti una tesi – ha detto il segretario della Fnsi – che gli autori del programma hanno sposato in pieno senza preoccuparsi di dare voce all'altra parte, con evidente malafede. Il tema Inpgi esiste e riguarda un mercato del lavoro giornalistico che batte in ritirata ormai da sei anni, un'occupazione che non cresce, la diminuzione dei contribuenti».
Tutti temi, ha rilevato Lorusso, «di cui dovrebbe farsi carico anche Report, come tutte le altre trasmissioni Rai che utilizzano lavoro giornalistico, perché è noto che a Report è largamente diffuso il lavoro senza diritti e, quindi, rappresenta quel tipo di “caporalato 2.0”, il caporalato nell'era del jobs act. Una situazione che andrebbe di sicuro affrontata, come ha più volte denunciato l'Usigrai».
Sulla stessa linea anche la presidente dell'istituto, Marina Macelloni, che da Bolzano, dove si trovava per partecipare alla consulta sindacale, ha corretto il servizio di Report: «Non è vero che i giornalisti sono dei privilegiati: pagano da soli le loro pensioni ed il loro sistema di ammortizzatori sociali, senza scaricare il costo sulla fiscalità generale. Il disavanzo fra entrate ed uscite nei conti dell'Inpgi deriva sostanzialmente da una forte crisi dell'occupazione, che ha portato negli ultimi 5 anni alla perdita di oltre tremila posti di lavoro, il 18 per cento dell'occupazione del settore, contro il 3 per cento registrato negli altri settori produttivi del Paese».
E, riferendosi alla parte del servizio dedicata allo stato di salute dell’ente di via Nizza, Macelloni ha poi precisato: «È vero che i giornalisti possono andare in pensione di anzianità a 57 anni, ma devono aver maturato almeno 35 anni di contributi e comunque ottengono l’assegno con una decurtazione del 20%, quindi non è una pensione piena».