L’Ordine dei giornalisti della Lombardia, sul caso dei presunti killer dell’ospedale di Saronno, ha trasmesso al Consiglio di disciplina territoriale una segnalazione riguardante evidenti violazioni della deontologia professionale, in particolare della Carta di Treviso.
Secondo l’Odg Lombardia, «la trascrizione e la divulgazione sonora delle intercettazioni dei dialoghi che vedono coinvolto un minore nell’indagine in corso a Saronno sul caso delle morti sospette costituisce una palese violazione della deontologia giornalistica». E difatti la Carta deontologica sui diritti dei minori (la Carta di Treviso, firmata il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono Azzurro), obbliga i giornalisti a tutelare la privacy dei minori.
«Quando si parla e si scrive di minori – spiega Gabriele Dossena, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia –, il diritto di cronaca deve fare un passo indietro perché è preminente il diritto alla privacy dei soggetti interessati. È l’unico caso in cui la privacy deve essere assolutamente salvaguardata e tutelata. E la cronaca deve cedere il passo alla riservatezza. La Carta di Treviso ha un principio ispiratore inderogabile: il minorenne ha una personalità ancora in formazione e quindi ha il diritto ad avere una crescita psicologica senza traumi o interferenze negative. I giornalisti quindi non possono e non devono divulgare notizie relative all’identificazione dei minori coinvolti in episodi di cronaca come quello in questione».
Sulla vicenda è intervenuto anche Paolo Butturini, componente della segreteria della Fnsi. Secondo Butturini «ha ragione Francesco Cancellato giornalista de Linkiesta.it: i media occupandosi del caso delle morti sospette all’ospedale di Saronno, hanno violato ripetutamente la Carta di Treviso. Il protocollo deontologico a tutela dei minori recita chiaramente: “Il rispetto per la persona del minore, sia come soggetto agente, sia come vittima di un reato, richiede il mantenimento dell’anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione”».
Quasi tutti i media invece, hanno riportato le intercettazioni fra la madre, indagata per omicidio, e il figlio di 11 anni, rendendo così riconoscibile il minore già al centro di una vicenda che ne segnerà per sempre l’esistenza.
«La velocità a cui viaggiano le notizie, la concorrenza sempre più serrata fra media, la necessità di attirare l’attenzione del consumatore a tutti i costi, lo svuotamento delle redazioni e il calo della competenza complessiva dei giornalisti – prosegue Butturini – stanno facendo implodere il mondo dell’informazione professionale. Ne pagano le spese i cittadini più indifesi a cui sempre più spesso si negano diritti elementari come quello alla privacy o alla replica».
È pertanto necessario che la categoria rifletta sull’attualità della Carta di Treviso e su come renderla cogente. «La crisi dell’editoria e dell’informazione – conclude Butturini – si batte soprattutto riacquistando credibilità verso i soli editori di riferimento che i giornalisti devono riconoscere: i cittadini».