«Caro Presidente, abbiamo deciso di autosospenderci dall'Ordine nazionale dei giornalisti perché ci consideriamo incompatibili con l'iscrizione all'albo professionale di Vittorio Feltri. Proprio noi, che più di altri, ci battiamo per la difesa dell'articolo 21 della Costituzione, riteniamo gli scritti e il pensiero del direttore Feltri veri e propri crimini contro la dignità del giornalista». Inizia così la lettera aperta che Paolo Borrometi e Sandro Ruotolo, cronisti costretti a vivere sotto scorta per via delle loro inchieste sulla mafia, indirizzano a Carlo Verna, presidente del Cnog, dopo l'editoriale di Vittorio Feltri su Camilleri.
Le parole di Feltri sullo scrittore e sulle sue opere, spiegano Borrometi e Ruotolo, «hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ne va della credibilità di ognuno di noi e della nostra categoria. Adesso basta. O noi o lui. Quel 'terrone che ci ha rotto i coglioni' per noi figli del Sud è inaccettabile. Non è in gioco la libertà di pensiero. Sono in gioco i valori della nostra Costituzione. Ogni suo scritto trasuda di razzismo, omofobia, xenofobia».
L'idea che Vittorio Feltri offre, proseguono i due giornalisti, «è che si possa, impunemente, permettersi questo avvelenamento chirurgico. E non è un problema solo suo. Almeno, non lo è più. A lui non frega niente: il limite, la deontologia, la misura, il buon senso, diremmo perfino la dignità sembrano saltate da tempo». Concludono Borrometi e Ruotolo: «Noi siamo convinti che resti intatta la bellissima frase che recita 'Non condivido le tue idee ma darei la vita per permetterti di esprimerle'. Continuiamo a batterci contro la censura e gli editti, ma non possiamo accettare tra noi chi istiga all'odio. Ne va della nostra credibilità».
«L'Ordine non è un club», replica Carlo Verna. «Condivido le ragioni dei colleghi - dice il presidente -, se l'Ordine dei giornalisti fosse un club mi autosospenderei pure io. Ma non lo è e l'istituto dell'autosospensione non esiste, ci si può semmai cancellare, astenendosi dallo svolgere la professione e, salvo il diritto d'opinione, poi iscriversi di nuovo quando sono cessate le ragioni di cui alla polemica. L'occasione - aggiunge Verna - è opportuna per chiarire il funzionamento in base alla normativa vigente dei consigli di disciplina totalmente autonomi dopo la cosiddetta legge Severino rispetto all'Ordine e in ogni caso privi di poteri cautelari di sospensione, perché per fortuna esiste l'articolo 21 della Costituzione. Per cui Feltri, come chiunque altro, potrà semmai essere sottoposto al rituale procedimento disciplinare, al termine del quale ci sarà un pronunciamento che tutti, dal sottoscritto a Borrometi e Ruotolo, dovranno rispettare. Poi naturalmente le leggi si possono cambiare se il Parlamento lo volesse, e in tale senso il Consiglio nazionale ha già avanzato proposte di riforma per ciò che attiene ai giornalisti, mentre per quel che riguarda le separate funzioni disciplinari la normativa è la stessa per tutti gli ordini professionali».
Per il direttore di Libero, si è trattato soltanto di una battuta sul commissario Montalbano. «Ruotolo e Borrometi vogliono autosospendersi dall'Ordine dei Giornalisti e non possono farlo? Che peccato! Due in meno poteva essere un vantaggio. Non cambierei una virgola di quel pezzo perché - dice in una intervista all'Adnkronos - un articolo si legge prima di giudicarlo, e se lo avessero letto, avrebbero visto che parlo molto bene di Camilleri perché è bravissimo e spero che si rimetta. Nelle ultime tre righe - prosegue Feltri - ho scritto con ironia che se proprio dovesse andarsene, allora ci consoleremmo non vedendo più in tv quel 'terrone' di Montalbano. Ma l'ho chiamato terrone in modo scherzoso, come quando definiscono me polentone. Mica querelo, io amo la polenta!».