«Dare vita, partendo dalla sede della Fnsi, ad un percorso che ci porti, l’anno prossimo, al 25° anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Un anno di tempo per portare nelle scuole e nelle piazze la memoria dei due magistrati assassinati dalla mafia, anche attraverso la proiezione del docufilm “1367 – La tela strappata” di Luca Licata, che abbiamo proiettato a Palermo a maggio in occasione dell’iniziativa su “Giornalismo e legalità” organizzata nell’ambito della manifestazione #PalermoChiamaItalia».
Questa la proposta lanciata da Paolo Butturini, responsabile per la formazione della Fnsi, in apertura della manifestazione, svoltasi nella sala “Tobagi” della Federazione nazionale della stampa italiana, per ricordare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e le donne e gli uomini che con loro persero la vita in quel sanguinoso 1992.
«Cogliamo l’occasione di questo appuntamento – ha rilanciato il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso – per rivolgere un pensiero a tutti i cronisti che, per via del loro lavoro di inchiesta e di denuncia, devono convivere con le costanti minacce che ricevono dalla criminalità organizzata e sono costretti a vivere sotto scorta per il solo fatto di aver svolto con rigore e coraggio il loro lavoro. Per queste colleghe e colleghi, per far sentire loro che non sono soli, organizzeremo in autunno un evento al quale chiederemo a tutti i giornalisti minacciati d’Italia di unirsi per combattere le mafie e illuminare con le loro storie le periferie del malaffare».
Nel corso della manifestazione, cui hanno preso parte Ivan Scinardo, direttore del Centro sperimentale di cinematografia di Palermo; Giampiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità; Luca Licata, giornalista figlio di Giancarlo Licata; Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, e Barbara Scaramucci, presidente dell’associazione Articolo 21 ed ex direttrice di Rai Teche, è stato anche proiettato il documentario “1367 - La Tela Strappata”, realizzato da Giancarlo Licata usando dirette e servizi della Rai andati in onda dal 23 maggio al 19 luglio 1992 e conservati nell’archivio di Rai Teche.
«Momenti come questo – ha detto Barbara Scaramucci – devono servire a tenere vivo il ricordo di quello che è successo, ma anche e soprattutto a ricordare l’impegno dei tanti cronisti che oggi, ogni giorno, continuano con il loro lavoro a onorare la memoria di uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È grazie alle loro inchieste se i principi trasmessi ai posteri dalle vittime delle mafie continuano a formare e informare l’opinione pubblica italiana».
L’idea della manifestazione dedicata ai giornalisti minacciati è stata poi ripresa da Elisa Marincola, portavoce di Articolo 21, che ha proposto di organizzarla nell’ambito della marcia della pace Perugia-Assisi che si terrà domenica 9 ottobre, e da Paolo Butturini, che ha proposto una giornata, in preparazione dell’appuntamento, da organizzare con i ragazzi delle scuole, in collaborazione con il Miur.
Mentre del ruolo dell’informazione nel processo di costruzione della memoria e della legalità hanno parlato anche Rita Borsellino, sorella di Paolo, e Maria Falcone, sorella di Giovanni, in collegamento da Palermo. «I media – è l’appello di Rita Borsellino – non abbiamo paura di riproporre e approfondire i temi della legalità e della giustizia, ma proseguano con sempre maggiore impegno nell’opera di coinvolgimento dei cittadini. Sono loro che devono vigilare sulla vita democratica del Paese».
Sulla stessa linea anche Maria Falcone, secondo cui «il lavoro dei giornalisti è fondamentale nel diffondere il tema dell’antimafia perché si tratta di un tema in primo luogo culturale. Le battaglie decisive si combattono fuori dalle aule di tribunale, tra la gente. E altrettanto importante è il ruolo degli insegnanti, cui spetta il compito di formare le conoscenze dei futuri cittadini».
Il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, a chiusura dell’incontro ha rimarcato infine l’importanza dell’impegno del servizio pubblico, citando il caso “Cose nostre”, la trasmissione andata in onda in prima serata «con il 10% di share», ha commentato Di Trapani, e «soprattutto – ha concluso – nel coltivare quel giornalismo d’inchiesta che è il sale della vita democratica di un Paese, come ci ha insegnato Roberto Morrione, il cui sogno è sempre stato quello di dar vita ad una scuola di giornalismo d’inchiesta».