Subito operativi gli effetti delle clausole finanziarie, mentre per le modifiche da apportare alle prestazioni saranno necessari ulteriori approfondimenti. Questo il giudizio espresso da ministero del Lavoro e ministero dell’Economia al termine dell’esame della riforma varata dal Cda dell’Inpgi lo scorso luglio. Restano sospesi una serie di interventi per i quali i Ministeri chiedono di tenere in considerazione "i requisiti decisamente più stringenti in vigore per il sistema generale".
Via libera dei ministeri del Lavoro e dell’Economia, pur con
la richiesta di alcuni ulteriori approfondimenti, alla riforma previdenziale varata
dal Cda dell’Inpgi lo scorso 27 luglio. Al netto delle misure sulle quali i
dicasteri hanno chiesto nuove riflessioni, “con l'approvazione ministeriale –
precisa l'ente in una nota - troveranno
da subito attuazione gli effetti finanziari della riforma in misura corrispondente
al 75% del totale atteso”.
Nello specifico, al termine dell'esame della delibera, i Ministeri vigilanti hanno
comunicato all’istituto l'avvenuta approvazione e immediata esecutività dei
seguenti interventi:
l'incremento - a decorrere dal 1° gennaio 2016 - delle aliquote contributive Ivs, che passano da 8,69% a 9,19% della retribuzione imponibile per la quota a carico dei giornalisti dipendenti e da 22,28% a 23,81% della retribuzione imponibile per la quota a carico dei datori di lavoro;
l'incremento a regime – con decorrenza dal 1° gennaio 2017 - dell'aliquota dell’1% a carico dei datori di lavoro destinata al sostegno della Cigs, già istituita dall’Inpgi nel 2009 con apposita delibera;
l'individuazione della retribuzione pensionabile, per le anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2016, in base alla nuova quota “E”, secondo alla quale le retribuzioni in essere vengono rivalutate al solo indice di variazione dei prezzi al consumo rilevati annualmente dall’Istat (senza la maggiorazione dell’1% prevista dalla riforma Amato del 1992);
l'applicazione - a decorrere dal 1° gennaio 2016 – dei nuovi coefficienti di rendimento della pensione: il 2,30% invece del 2,60% per le anzianità contributive acquisite a partire dall’anno in corso, mentre ai periodi contributivi pregressi continuerà ad essere applicato il coefficiente di rendimento del 2,30.
“Per l'effetto combinato dell'incremento del gettito sul
fronte delle entrate contributive e dei risparmi conseguenti alla riduzione
della spesa pensionistica – spiegano dagli uffici di via Nizza – l'impatto
economico sui conti dell'ente è valutabile, a regime, in circa 45 milioni di
euro annui di saldo positivo, a fronte di un volume complessivo, riferito a
tutti gli interventi elaborati dal Cda dell'istituto, stimato in circa 60
milioni annui”.
Per quanto riguarda, invece, le altre misure contenute nel provvedimento di
riforma, i Ministeri – pur esprimendo una valutazione positiva in termini di
corretta collocazione delle stesse nella direzione auspicata del contenimento
della spesa pensionistica ed assistenziale e, quindi, riconoscendo che queste
sono “finalizzate al perseguimento di canoni di sostenibilità” - hanno ritenuto
necessario che l'Inpgi sviluppi in tempi brevi ulteriori riflessioni e
approfondimenti in funzione di una maggiore incisività dei loro effetti, “anche
in considerazione dei requisiti decisamente più stringenti in vigore per il
sistema pubblico per l'accesso ai trattamenti pensionistici e per le relative
modalità di calcolo”.
Restano quindi aperti e sospesi una serie di interventi previsti dalla delibera
del 27 luglio 2015 in relazione a:
età pensionabile (prevista in crescita da 65 a 66 anni),
ridefinizione dei requisiti per l’accesso alle pensioni di
anzianità e alle clausole di salvaguardia connesse (per le quali si richiede
“una verifica escludendo deroghe di ampio respiro rispetto ai requisiti
stabiliti per la generalità degli iscritti&rdquo
contributo straordinario a carico dei pensionati (ritenuto
coerente con il Bilancio Tecnico afferente alla normativa di settore, ma
controverso sul piano giuridico e passibile di contenzioso),
rimodulazione del trattamento di disoccupazione (previsto
dal Cda complessivamente in riduzione di
circa il 5%).
E viene infine rilevato che il sistema di revisione dei
requisiti di maturazione del diritto di accesso ai trattamenti pensionistici -
così come originariamente elaborato dall'istituto - prevede criteri e modalità
di graduale attuazione che meritano un riesame.
Per il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, è “importante che i Ministeri vigilanti
abbiano dato il via libera alle misure di immediato e forte impatto economico che
porteranno ad un sostanziale miglioramento delle passività dell’ente dovute ad
una drammatica perdita di posti di lavoro e ad un aumento esponenziale dei
costi di ammortizzazione sociale. Il delicato lavoro che riporterà in
equilibrio i conti non può considerarsi concluso. I futuri dirigenti
dell’Inpgi, che verranno eletti tra pochi giorni, dovranno esercitare la
responsabilità di una ulteriore proposta sul versante della riduzione delle
prestazioni. Rivendico con orgoglio la serietà e l’equilibrio messi in campo
dal Cda uscente che possono essere considerati un lascito non banale. Il
ventaglio delle proposte è stato considerato non sufficiente, troppo protettivo
verso gli iscritti, non negativo o bocciato, come qualche commentatore ante
litteram ha voluto far credere”.
Camporese ha quindi ringraziato i Ministeri vigilanti “per il rispetto verso
l’autonomia dell’ente che hanno dimostrato chiedendo di riconsiderare
autonomamente e responsabilmente l’intero pacchetto delle prestazioni,
spingendoci a trovare nuovi punti di equilibrio senza approvare o respingere
singole misure” e auspicato che venga “al più presto ripreso il dialogo con le
parti sociali (Fnsi e Fieg) per i profili di loro competenza e per l’importanza
della negoziazione contrattuale in corso”.
L’istituto dovrà ora produrre nuove analisi attuariali tenendo conto anche
dell’impatto positivo di oltre 850 assunzioni a tempo indeterminato sgravate
pervenute in questi mesi e bisognerà chiarire e approfondire l’ambito
applicativo del nuovo sistema di ammortizzazione sociale entrato in vigore
recentemente nel sistema generale, ma “l’approvazione di oggi – conclude Camporese
- segna un passaggio decisivo nel percorso di risanamento dell’Inpgi. Serve
responsabilità, non demagogia”.
Sulla stessa linea anche il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso,
secondo il quale: “La decisione dei ministeri sgombra il campo dalle troppe
strumentalizzazioni dei mesi scorsi: l'impianto della riforma dell'Inpgi è
valido e coerente con l'obiettivo di assicurare la sostenibilità delle
prestazioni nel medio e nel lungo periodo”.
Il segretario Lorusso si sofferma poi sulle clausole di salvaguardia “che –
osserva – erano state inserite con lo spirito di tutelare, in una visione
improntata alla solidarietà, anche intergenerazionale, le situazioni di
particolare difficoltà e dovranno essere ora ridiscusse. Chi, fino ad oggi, si
è scagliato contro la manovra, auspicandone la bocciatura, ha ottenuto il
risultato di mettere in discussione tutte le clausole con le quali si volevano
tutelare i colleghi più deboli, da quelli che lavorano in aziende colpite dalla
crisi a coloro che perdono il posto di lavoro”.
“I richiami dei ministeri ad una maggiore uniformità con il sistema
previdenziale generale – conclude Lorusso - rischiano di creare un danno ai
disoccupati, ai cassintegrati e ai colleghi prossimi alla pensione. La
riflessione su questi temi che si aprirà nelle prossime settimane dovrà essere
all'insegna del senso di responsabilità e dovrà impegnare FNSI e FIEG a
introdurre nella trattativa contrattuale una visione strategica in grado di
garantire la tenuta dell'intero sistema nel medio e lungo periodo".
I DOCUMENTI
Chi volesse approfondire trova qui la lettera del
Ministero e qui la nota
di sintesi dell’istituto sul contenuto della comunicazione del Ministero
del lavoro del 3 febbraio 2016