Oggi c'è ''timore dell'informazione'', con ''una politica possessiva che dell'informazione vuole tenere qualche briglia''. A dirlo è il giurista Stefano Rodotà, ex garante della privacy, intervenendo all''Ultima chiamata' indetta dall'associazione stampa romana sull'emergenza editoria.
''I notevoli ritardi italiani sulla banda larga – spiega Rodotà - non sono solo questione di incapacità imprenditoriale.
In parte credo siano legati al fatto che la rete mette in circolazione una quantità d' informazioni che non sono controllabili. La vicenda della P4 dimostra come sia possibile governare l'intero sistema dei media, ma quando c'è un'alternativa con i social network tutto crolla.
Oggi - prosegue - il conflitto è sulla costituzione della sfera pubblica. E nessun'altra situazione al mondo è paragonabile a quella italiana''. Quanto alla legislatura in materia di web ''oggi - dice Rodotà - si vorrebbe cancellare tutto con una delibera che lo stesso popolo della rete rifiuta''. (ANSA)
EDITORIA: ULTIMA CHIAMATA SU CRISI, DA RAI A INTERCETTAZIONI
''Un comitato regionale per la libertà d'informazione che unisca sindacati e società civile nel dire sette 'sì, dalla riforma della Rai alla legge sul conflitto d'interessi''. È la proposta dell'Associazione stampa romana, promotrice dell'incontro Informazione: ultima chiamata.
Proposte per contrastare l'emergenza editoria, che ha raccolto oggi rappresentanti dei lavoratori (Ugl, Slc Lazio, Usigrai, Fistel Cisl), Federazione Nazionale della Stampa, Ordine dei Giornalisti, professionisti e giuristi come Stefano Rodotà.
''L'informazione è un bene pubblico a rischio nel nostro paese - spiega il segretario dell'Asr Paolo Butturini - La vicenda P4 non è che l'ultimo di una catena di problemi che ha investito l'intero settore'' già ''stressato da stati di crisi senza progetti e da molteplici conflitti di interessi'', penalizzato ''da un mercato asfittico e da un tragico ritardo nell'innovazione'' e ''flagellato dall'invadenza della politica''. Una situazione di stallo che ''non riguarda solo la Rai, ma l'intera editoria e poteri di controllo come la magistratura''. Ecco dunque l'idea di un ''pacchetto riformatore'' che parte dai 'no': alla riproposta del decreto sulle intercettazioni, alla delibera dell'Agcom ''che tende a censurare la rete in modo non costituzionale, comprimendo la libertà d'informazione e d'espressione''. Ma anche per ''costruire una grande alleanza'' che sfidi ''la politica a tornare a fare il suo mestiere'' con sette 'sì per altrettante urgenze: riforma dell'Ordine dei giornalisti e della legge sull'editoria, revisione delle norme sul precariato di settore e del codice civile e penale sulle querele (''strumento per intimidire''), una legge sul conflitto d'interessi e una sull'antitrust, riforma della Rai. ''A questo - dice Butturini - si aggiunge la necessità di investimenti per le infrastrutture della comunicazione''. La costituzione di un comitato regionale servirà a diffondere la chiamata tra la società civile (come già per gli appelli della cultura contro i tagli al Fus), ma, avverte Giovanni Rossi, segretario generale aggiunto FNSI, ''se non ci sono anche imprenditori e potere politico in grado di assumersi i propri compiti rischiamo di porci obbiettivi irraggiungibili. L'allarme che va lanciato non è solo di natura sociale, perché nel nostro settore più che in altri le conseguenze attengono a livello della democrazia''.
A dire con forza 'no' ad ogni 'legge bavaglio', anche Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, che propone una class action contro l'addio alla Rai di alcuni professionisti dell'informazione. (ANSA)