Per i giornalisti italiani Scalfaro è stato il Presidente della par condicio: colui che, in anni nei quali ancora non a tutti era chiaro il peso devastante del conflitto di interessi nella comunicazione e dunque nella vita democratica stessa, chiese ed ottenne regole che - sia pure ostiche, talvolta, per il lavoro giornalistico - volevano ripristinare una almeno parziale parità di accesso delle forze politiche al rapporto con gli elettori. E’ stato il Presidente dell’insistito richiamo alla Costituzione, al suo articolo 21, alla perdurante vitalità di un testo che in troppi già descrivevano come reperto archeologico, come ostacolo alla modernizzazione dell’Italia, come frutto di una stagione lontana che non aveva più nulla da dire.
E’ stato il Presidente che ha ricordato la necessità di non scrivere mai “sotto dettatura”, dunque investendo noi giornalisti di un potente richiamo all’esercizio dell’autonomia professionale. In un periodo nel quale l’informazione subiva l’impatto del passaggio ad un bipolarismo politico livoroso ed esacerbato, il Presidente Scalfaro è stato un punto di riferimento per tutti i giornalisti che volevano difendere la dignità e la terzietà dell’informazione. Ed anche negli ultimi anni lo abbiamo sentito al nostro fianco nella lotta contro ogni tentativo di imporci bavagli. Roma, 29 gennaio 2012
UNIONE NAZIONALE CRONISTI ITALIANI - IL PRESIDENTE GUIDO COLUMBA
IL PRESIDENTE SCALFARO HA SEMPRE DIFESO LA “SACRALITÀ” DELLA LIBERTÀ DI STAMPA
OSCAR LUIGI, UNO CON LA SPINA DORSALE DRITTA
Oscar Luigi Scalfaro è stato uno con la spina dorsale dritta. Prima ancora che il suo successore Carlo Azeglio Ciampi “inventasse” questo richiamo ricevendo al Quirinale i vincitori del Premio Cronista nel 2002.
Per la libertà di stampa e i giornalisti Oscar Luigi è sempre stato attento. Soprattutto sollecito del lavoro dei cronisti, perché, diceva, è ancorato ”al fatto” e “il fatto non lo può cambiare neanche Dominedio”. Ai cronisti raccomandava sempre di esercitare il loro compito “delicato e difficile” con “nettezza intellettuale” e rispettando la verità, ma difendendo la “dignità” e la “libertà” del giornalista. ''Ho sempre detto e dirò sempre che avete il diritto a trovare la difesa della dignità della vostra professione''.
Oscar Luigi ha, nei fatti, difeso la libertà di stampa, che, diceva “non può avere aggettivi”. Impedendo che passassero orientamenti e misure repressive, escludendo lacci e lacciuoli, promuovendo l’immagine del giornalista e il suo ruolo come informatore dei cittadini.
“I paesi in cui ci sono le norme sulla stampa – diceva - difficilmente hanno anche la libertà. Questo filo di libertà delle penne dei giornalisti non deve mai essere ''interrotto''.
Con l’Unione Cronisti Oscar Luigi ha avuto sempre un rapporto di grande simpatia e collaborazione. Nel maggio del 1996 ha partecipato al XV Congresso dell’Unci a Noto. C’era solo un precedente: nell’ottobre del 1981 il Presidente Sandro Pertini era venuto a Senigallia dove allora si svolgeva il Premio Cronista.
In quell’occasione trascorse solo poche ore in Sicilia: la metà a visitare la Cattedrale barocca semidistrutta dal terremoto del marzo precedente, l’altra metà al nostro Congresso. In quell’occasione forzammo le rigide etichette del cerimoniale di Stato che prevedono che il Presidente della Repubblica al suo arrivo in una qualsiasi località sia ricevuto dalle autorità locali. All’arrivo della berlina presidenziale davanti alla scalinata della Cattedrale, nella metà sinistra si trovavano Cardinale, Presidente della regione, Prefetto, ecc; nella metà di destra la Giunta esecutiva dell’Unci e Presidenti e Segretari di Fnsi e Ordine.
Nel suo discorso ai congressisti, Oscar Luigi disse tra l’altro che la libertà della professione giornalistica è sacra. ''Ho sempre detto e dirò sempre che avete il diritto a trovare la difesa della dignità della vostra professione''.
Importante fu anche l’intervento di Oscar Luigi nel 1997 per migliorare la legge sulla Privacy, nella prima stesura molto penalizzante. L’Unci gli mandò un dossier segnalando le norme peggiori. Oscar Luigi diede disposizione al capo dell’ufficio legislativo del Quirinale di contattare il suo omologo della Camera per far modificare, come avvenne, le norme più pesanti.
Sempre nel 1997, una mattina il mio cellulare squillò e Oscar Luigi mi informò di aver parlato con il ministro della Giustizia, Flick, e il vicepresidente del CSM, Grosso, al fine di favorire migliori rapporti, anche attraverso incontri ravvicinati, tra i cronisti e i Pm delle Procure. Rapporti che, gli aveva segnalato l’Unci, erano divenuti problematici in particolare dopo episodi di giornalisti pedinati, spiati, incriminati di reati di favoreggiamento, peculato e ricettazione nello svolgimento della loro attività professionale. Aveva composto il numero del mio telefono personalmente, saltando il centralino del Quirinale. Quando, qualche ora più tardi, il suo portavoce lo scoprì, disse che era un fatto straordinario e che avrei dovuto farne una notizia Ansa.
Nel novembre del 1998, ricevendo al Quirinale i vincitori del Premio Cronista, Oscar Luigi regalò all’Unci un momento di grande notorietà. Nel mio discorso di introduzione me la prendevo con la Procura di Roma responsabile di aver reso noto, con un comunicato, il nome di un bambino seviziato e ucciso a Ostia. Oscar Luigi mi fermò a metà discorso, dicendo che non si poteva parlare di un assente. Ovviamente il testo integrale del discorso, tanto importante da aver indotto il Presidente a interromperne la lettura, e a criticare, nella sua replica i “danni incredibili” provocati dalle Procure colabrodo”, finì su tutti i giornali.
Oscar Luigi, naturalmente, non evitava di indicare gli errori, gravi, commessi dai giornalisti: gli scoop a tutti i costi, i virgolettati inventati, i titoli strillati. Ma era una critica costruttiva, dal di dentro del concetto della sacralità della libertà di stampa. E detto da un credente come Oscar Luigi quel termine di “sacralità della libertà di stampa” assumeva un peso tutto particolare.
Alcune notazioni personali.
- Al termine del mio intervento al Congresso di Noto mi attirò con la mano a sé e mi bisbigliò nell’orecchio: “l’intensità della luce dei suoi occhi testimonia la passione con cui svolge il suo compito”.
- di Oscar Luigi si è detto, prima che dal Quirinale si ergesse a baluardo della legalità repubblicana, che fosse un bacchettone integralista, la prova era il rimprovero a una signora intervenuta a una serata con un decolleté accentuato. Moralista lo era certamente, ma integralista non credo: troppi i dubbi che aveva sulle cose personali e di Stato. Ripeteva spesso l’angoscia vissuta quando da giovanissimo magistrato aveva sostenuto l’accusa contro un fascista poi condannato a morte.
- I nostri rapporti, esclusivamente istituzionali, sono stati tali che ho sempre pensato che se gli fossi premorto Oscar Luigi sarebbe venuto al mio funerale. Una fortunata circostanza ha voluto che sia rientrato in tempo da un soggiorno di un mese in Iran per partecipare al suo funerale
- Sulla semplice bara di legno chiaro, durante i funerali di oggi a santa Maria in Trastevere, ha voluto solo un mazzetto di peperoncini rossi.
Guido Columba