Si è chiuso con la conferma, pressoché scontata, di Franco Siddi e Roberto Natale alla guida del sindacato il XXVI Congresso della Federazione della Stampa, animato, oltre che dallo scontro tra le correnti interne, dal confronto con gli editori ai quali i vertici hanno voluto affidare il compito di aprire l'assise bergamasca. Una scelta dettata sia dalla volontà di avviare il dibattito sindacale su basi concrete, che dal tentativo (riuscito, secondo quanto rivendicato dallo stesso Siddi) di ottenere un riconoscimento del ruolo del sindacato, in un momento delicato non solo per il settore, ma per le rappresentanze dei lavoratori in genere.
La crisi, con le pesanti ricadute occupazionali, è stata al centro del dibattito. E, su questo piano, la tesi ribadita più volte da Siddi, di aprire alle richieste degli editori di un sempre maggiore impegno sui nuovi media, in cambio di nuova occupazione regolata e garantita, è apparsa condivisa. La spaccatura si è invece consumata sul piano strategico. Parte dei delegati rimproverano agli attuali vertici una linea troppo morbida e, hanno preso spunto dalla ''mancata levata di scudi'' nei confronti della ''provocazione'' dell'ingegner Carlo De Benedetti, che in apertura del congresso ha parlato di multimedialità come regalo per i giornalisti, per lanciare accuse, anche di servilismo, a segretario e giunta.
L'impressione, in fondo, è che non siano ancora sopiti i rancori per un rinnovo contrattuale ritenuto ''una sconfitta sul fronte normativo, anche nell'accordo sulla multimedialità'', e sulla gestione delle vertenze legate alla crisi, che avrebbero consentito ''l'uscita di troppi colleghi dalle redazioni''.
Fatto sta che Siddi ha fortemente difeso la sua linea di dialogo, ''pur nelle differenze di ruolo'', come ''unica strada per evitare di oltrepassare la linea della devastazione dei diritti''. E su questo presupposto, forte di una maggioranza che resta saldamente dalla sua parte, proseguirà il suo mandato, che sarà l'ultimo. Nella ricerca, con Natale, di ''quell'unità necessaria per dare forza alle battaglie sindacali''.
Nell'agenda ci sono il rinnovo economico del contratto firmato nel 2009 e la riforma dell'ordine. Allora già da lunedì al lavoro - ha assicurato Siddi - con la priorità di sbloccare i fondi per l'editoria, perché ''il tempo delle promesse è finito'', e con l'obiettivo di includere nel mondo dei diritti quell'esercito di colleghi costretti a lavorare per 2,5 euro a pezzo e di affermare sempre più le peculiarità della professione e la sua importanza nel sistema democratico.
È il tema della libertà di stampa, che ha attraversato tutto il Congresso. Tema che - ha ricordato il segretario - ha animato le ultime battaglie del sindacato, che ''è riuscito a svegliare gli editori su questo terreno'' e che torna costantemente in primo piano, in Ungheria, come a Tunisi, ma anche in Italia. E l'elenco dei giornalisti morti sul campo nel nostro Paese, citati con commozione dal palco, ha unito tutta la platea.
Un clima completamente diverso rispetto a quello che ha accompagnato la discussione sulle modifiche allo statuto.
Dall'opposizione sono partite accuse di golpe nei confronti della maggioranza, rea di ''aver eluso il confronto sulle regole'' e di ''voler azzerare le minoranze''. Ma pesa anche il mancato inserimento del referendum sui rinnovi contrattuali nello statuto. Accuse tutte respinte al mittente dai vertici, che hanno ricordato il lungo lavoro svolto in consiglio sul tema e la necessità di alleggerire gli organismi per assicurare risparmi. A conti fatti, grazie alla norma che prevede i due terzi dei voti, le opposizioni sono riuscite a bloccare la riduzione dei delegati congressuali e dei membri del consiglio.
Il prossimo congresso, invece, proprio grazie ad una modifica statutaria, non si svolgerà tra tre, ma tra quattro anni. (Dell'inviato Michele Cassano) (ANSA)