Solidarietà anche dai colleghi del "Piccolo" di Trieste e del "Messaggero Veneto" di Udine ai colleghi di "Repubblica", al secondo dei sette giorni di sciopero proclamati l'altra sera. I due quotidiani del Friuli Venezia Giulia, che fanno parte del Gruppo Espresso Repubblica, stanno decidendo in queste ore analoghe manifestazioni di protesta contro l'editore, nell'ambito della vertenza nazionale per il contratto. La protesta si sta diffondendo in molte redazioni.
"Sulla dignità del lavoro e il diritto alla contrattazione non cederemo mai. L'azienda lo deve sapere. Se rifiuta la concertazione, questa è la nostra risposta": nettissimo il Cdr di "Repubblica", unitissima la redazione. Ieri, nel corso di una conferenza stampa, presenti il vertice della Fnsi, con il segretario Paolo Serventi Longhi e il presidente Franco Siddi, il Cdr della testata spiega nel dettaglio le motivazioni di uno sciopero durissimo e senza precedenti, preciso segnale di "relazioni industriali decisamente compromesse". L'azienda, infatti, "rifiuta di sostituire i colleghi malati, anche per le malattie più lunghe e gravi, ricusa qualunque confronto, qualsiasi concertazione che riguardi l'organizzazione del lavoro, dice di no ad un contratto minimo di ingresso". I redattori affermano di "non accettare l'unilateralità della decisione dell'editore" e rigettano quella che definiscono "una evidente strategia aziendale che va avanti da troppi anni contro diritti fondamentali di una categoria di professionisti che vogliono essere trattati con rispetto e non come se fossero solo un costo". E qui il Cdr snocciola le cifre: "In una redazione di 480 persone, oltre la metà guadagna meno di 2.000 euro al mese, lavora molte ore quotidiane in più rispetto a quelle previste dal contratto e ha l'obbligo del lavoro domenicale". A fronte di questo, l'azienda può contare su "profitti consistenti tanto che i manager hanno incrementato il loro stipendio del 20-30% nell'ultimo anno". Obiettivo delle critiche l'editore: "si professa liberal, dovrebbe avere la tessera numero uno del Partito Democratico, ma sembra dimenticare che la concertazione è nello statuto del futuro Partito Democratico. Nel nostro giornale - tuona il Cdr – non c'è affatto un tasso di malattie elevato, c'è piuttosto un super lavoro non pagato". Sull'editore cala anche la scure della censura per aver rifiutato di sottoscrivere la raccolta di fondi promossa da Ezio Mauro e dall'intera redazione a beneficio delle famiglie dei due collaboratori di Daniele Mastrogiacomo, uccisi in Afghanistan. Un fuoco di fila di domande bersaglia De Benedetti: è vero che c'è un contrasto in famiglia fra chi vuole vendere l'azienda editoriale e chi no? È intelligente mortificare la redazione lasciandola da anni senza tavolo di concertazione quando tutti sanno che "La Repubblica" tiene in attivo i bilanci del gruppo? E parte un applauso scrosciante quando qualcuno accenna all'opportunità di dimissioni dell'amministratore delegato Marco Benedetto, "il falco". Sette giorni di sciopero consecutivi, è la prima volta per la testata, ma "sono per rivendicare diritti fondamentali e data la situazione sembrano perfino pochi", sostengono in parecchi. La 'assemblea-conferenzà finisce con un'azione dimostrativa sotto la sede dell'amministratore delegato del Gruppo Repubblica-Espresso in Via Cristoforo Colombo e con una promessa: "valuteremo il da farsi nei prossimi giorni, ma continueremo la battaglia e una cosa è certa: non faremo la fine dei minatori durante il governo della Thatcher". Domani, giovedì 19 aprile, sciopero delle firme dei giornalisti Rai. Lo ha indetto, a margine della Giunta Esecutiva della Federazione Nazionale della Stampa, l’Esecutivo Usigrai dopo l’annuncio dei sette giorni di sciopero di "Repubblica". Ecco il comunicato che verrà letto prima dei tg e dei gr: “Siamo costretti a ripresentarci ai radio-telespettatori togliendo le firme dai nostri servizi e da ogni pagina di informazione. Ancora una volta saremo anonimi come certi editori vogliono farci diventare, mentre il Governo resta ancora incerto su troppe questioni importanti per l’informazione. I sette giorni di sciopero, proclamati dai colleghi de La Repubblica – ai quali esprimiamo la nostra solidarietà – saldano l’emergenza democratica della mancanza di un tavolo per il rinnovo del contratto dei giornalisti italiani a quella della situazione Rai. Sebbene il Servizio Pubblico abbia diversa disponibilità per una trattativa con i giornalisti, a differenza della Federazione degli Editori, la Rai rischia la paralisi e ha bisogno subito di nuove norme che garantiscano un governo aziendale libero dagli interessi di partito”.