Una manifestazione per dire “No” al bavaglio alla stampa turca fissata nel giorno della nuova udienza ai giornalisti che hanno osato rivelare lo scandalo del passaggio di armi dalla Turchia alla Siria: oggi Fnsi, Usigrai, Articolo21 e Reporter Senza Frontiere Italia saranno idealmente al loro fianco, davanti l’ambasciata turca a Roma e poi al ministero degli Esteri.
Federazione nazionale della stampa italiana e Usigrai, insieme
ad Articolo 21 e Reporter Senza Frontiere, organizzano per oggi, giovedì 21 gennaio
2016, dalle 11 alle 13, un presidio davanti all’ambasciata di Turchia a Roma
per manifestare contro i ripetuti tentativi del governo del premier Recep
Tayyip Erdoğan di limitare la libertà di espressione dei cittadini turchi e
imporre il bavaglio alla stampa nazionale e ai corrispondenti dei media
internazionali che operano nel Paese.
La manifestazione si terrà in concomitanza con la nuova udienza del processo
che vede imputati a Istanbul la giornalista del quotidiano turco Cumhuriyet Ceyda
Karan, “rea” di aver ripubblicato le vignette di Charlie Hebdo sul suo
giornale, insieme al direttore e al caporedattore del giornale, Can Dündar e
Erdem Gul, entrambi in prigione dal 26 novembre con l’accusa di spionaggio e la
divulgazione di segreti di Stato.
Proprio Can Dündar, dalla sua cella a Silivri, vicino a Istanbul, è riuscito nei
giorni scorsi a far arrivare a Le Monde una lettera, ripresa dal sito di Articolo21. «Un grido per la libertà di
espressione, una richiesta di aiuto venuta dall’inferno, quell’inferno creato
per la stampa. La mano tesa – scrive – di un giornalista arrestato per aver
fatto il suo lavoro e che spera nella solidarietà dei suoi colleghi in tutto il
mondo».
«Quando a novembre Reporters sans frontières (RSF) ha assegnato a Cumhuriyet,
il quotidiano turco che dirigo, il premio Libertà 2015 alla cerimonia ho
dichiarato: “Il mio ufficio ha due finestre, una si affaccia su un cimitero,
l’altra sul tribunale. Sono i due luoghi più visitati dai giornalisti in
Turchia. Dopo poco è apparsa anche una terza finestra: quella della prigione
che mi attendeva”», scrive il reporter ricordando i
motivi dell’arresto per cui rischia due ergastoli: «Dopo aver pubblicato le
foto che provavano il passaggio di camion, scortati dai servizi segreti turchi,
che trasportavano armi dalla Turchia alla Siria, il presidente Erdoğan non ha
negato, ma ha detto: “Questo è un segreto di Stato”, e mi ha minacciato: “Chi
ha scritto questo articolo pagherà un caro prezzo”».
«Erdoğan – prosegue la missiva dal carcere – odia la stampa libera e i social
media che non può controllare. Durante un incontro ha sbottato: “Twitter sarà
sradicato”, e l’ha fatto. La Turchia figura tra i paesi che più duramente
censurano Internet: oltre 52mila siti sono stati vietati e il Paese si trova al
149esimo posto nella classifica mondiale per la libertà di stampa secondo il
rapporto di Reporters sans frontières».
La situazione è molto seria. Il premier turco controlla
ormai la quasi totalità dell’informazione: «Se guarda la televisione e sente un
commentatore che non gli piace – scrive ancora Can Dündar – chiama direttamente
il direttore del canale per chiedere di fermare il programma. Se viene pubblicata
una relazione critica sul governo, pretende che l’autore venga licenziato. Sfortunatamente
per lui, tutti questi ordini sono stati registrati dagli uomini della
confraternita religiosa del suo ex alleato Gülen e pubblicati su Internet, una
volta consumato il divorzio tra questo movimento e il governo. Poche persone,
pochi giornalisti hanno voluto interessarsi a questo scandalo. Ed è proprio
grazie a questa propaganda che la popolazione, privata del diritto
all’informazione, ha votato quasi per il 50% a favore di Erdoğan, alle elezioni
di novembre. Un risultato che gli ha permesso di liquidare le ultime sacche di
resistenza nella stampa».
Il direttore di Cumhuriyet ha scritto anche al premier italiano Renzi, tornando
a chiedergli di non dimenticare, in cambio di una soluzione per i rifugiati
siriani, «i valori fondativi dell’Europa: libertà, diritti umani, democrazia,
ideali da lungo tempo calpestati dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Siamo in carcere perché abbiamo provato che tir dell’intelligence turca
portavano armi ai gruppi jihadisti in Siria. Purtroppo, dato che Erdoğan ha
assunto il controllo di gran parte dei media, è sempre più difficile dare queste
notizie. Chi ha il coraggio di farlo è vittima di attacchi, aggressioni,
minacce, processi e carcere. Anche se gli interessi attuali dell’Europa rendono
necessario ignorare temporaneamente le violazioni dei diritti umani, noi
continueremo a chiedere il loro rispetto a qualsiasi prezzo. Se rinunciamo
all’umanità davanti alla scelta “rifugiati o libertà”, perderemo infatti tutti
e tre quei valori».
Per questo Fnsi e Usigrai, insieme ad Articolo 21 e Reporter
Senza Frontiere Italia, hanno deciso di organizzare la manifestazione di questa mattina e, nel pomeriggio, i rappresentanti dei giornalisti italiani saranno
ricevuti dalla segreteria del ministero degli Esteri per illustrare le ragioni
dell'iniziativa e chiedere al governo italiano una risposta al grido di allarme
lanciato da Can Dündar.
Al presidio hanno già aderito l’Associazione Stampa Romana e altre Associazioni regionali di stampa, la Commissione pari opportunità della Fnsi, Amnesty International Italia, Comitato #NoBavaglio3, gruppo #PRESSing-Giornalisti in rete, Italians for Darfur.
NUOVE ADESIONI
Anche l'Ordine dei giornalisti del Lazio aderisce al sit-in contro le restrizioni alla libertà di espressione e di stampa in Turchia. E in particolare l'Odg Lazio si schierano al fianco dei giornalisti di Cumhuriyet, incarcerati o sotto processo per aver svolto il loro lavoro.
LA LETTERA
Egregio Presidente Giulietti,
innanzitutto intendo ringraziarla per avere con forza dichiarato pubblicamente, lo scorso 14 gennaio, il sostegno della FNSI ai giornalisti italiani inseriti nella lista nera delle persone non grate stilata dalle autorità azere - denunciato da OBC in un articolo da voi citato - e nella quale risulta anche il nostro corrispondente da Yerevan, Simone Zoppellaro.
Ci occupiamo del tema della tutela della libertà di espressione e di stampa nell'area geografica di nostro interesse fin dalla nostra fondazione. Continuiamo a farlo, come dimostrato dall'attuale progetto europeo ECPMF - European Centre for Press and Media Freedom su cui lavoriamo assieme a Ossigeno Informazione e ad una vasta rete di soggetti europei i quali, a diverso titolo, trattano questo tema da anni.
Le scrivo inoltre per comunicarle il nostro pieno sostegno e la nostra adesione all'iniziativa di domani (di cui abbiamo dato notizia sulla nostra testata) contro i reiterati tentativi del governo turco di limitare la libertà di espressione e di stampa nel paese.
Purtroppo non potremo essere fisicamente presenti domani a Roma, ma continueremo a seguire la situazione in Turchia e ne scriveremo, denunciando ad ampio spettro la situazione, come facciamo da 15 anni attraverso la voce dei nostri corrispondenti di stanza a Istanbul e la voce dei rappresentanti della società civile turca con cui siamo in costante contatto.
Buone cose e un caro saluto.
Luka Zanoni, Direttore della testata on-line "Osservatorio Balcani e Caucaso" (OBC)
La Cpo Fnsi: "Le giornaliste italiane al fianco di Ceyda"
Ceyda Karan è una giornalista che intende la professione pensando di avere un solo padrone: la notizia e il diritto dei lettori a essere informati. Ceyda Karan è una donna che fa la giornalista in un paese, la Turchia, in cui il presidente, Erdogan, afferma che “le donne non sono uguali a noi, non possono fare gli stessi lavori degli uomini”. Per questo Ceyda Karan è scomoda due volte e paga in prima persona la sua scelta di stare con la schiena dritta. Per avere pubblicato, sul quotidiano turco Cumhuriyet, la copertina di Charlie Hebdo dopo la strage di Parigi, è ora sotto processo. In occasione della nuova udienza a suo carico, la Commissione pari opportunità della Fnsi aderisce alla protesta indetta da Fnsi e Usigrai, il 21 gennaio, contro il bavaglio in Turchia, davanti all’ambasciata turca dalle 11 alle 13. Le giornaliste italiane sono al fianco di Ceyda e di tutte le colleghe che nel mondo si battono, anche nei contesti più difficili, per affermare la libertà di stampa e i diritti delle donne.
PER APPROFONDIRE
Un vento di autoritarismo soffia sull’Europa. Il 21 gennaio presidio all’Ambasciata turca
di Vittorio Di Trapani
Turchia: arrestati per aver firmato un appello per la pace
di Stefania Battistini
Turchia, continuano le aggressioni alla stampa libera. Giovedì tutti al presidio davanti alla sede dell’Ambasciata
di Domenico Affinito
Turchia: Pse manifesta davanti a prigione che detiene giornalisti
"La Turchia è un alleato importante per l'Europa, ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte al crescente autoritarismo del Presidente Erdogan, che esercita un controllo sempre più stringente sui media e sul sistema giudiziario". Lo afferma il presidente del Pse, Sergei Stanishev, che oggi ha tenuto una conferenza stampa di fronte al carcere Silivri, dove sono detenuti i due giornalisti Can Dundar ed Erdem Gul.
"Lo Stato di diritto e la libertà di stampa - prosegue Stanishev - sono elementi chiave per una democrazia e non possiamo permettere che una democrazia vengaindebolita".
Dall'esterno del carcere Stanishev ha scritto una lettera a Dundar e Gul, rispettivamente direttore e capo della redazione di Ankara del quotidiano 'Cumhuriyet'. La lettera è stata loro consegnata da uno dei loro legali. Il Pse terrà informati i partiti socialisti e le istituzioni europee. (Agi - Roma, 18 gennaio 2016)