Pubblichiamo l'intervista resa da Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, alla giornalista Luisa Grion e pubblicata sabato 4 ottobre su Repubblica a pagina 23 nella sezione Economia.
ROMA - L´informazione è un settore strategico quanto l´Alitalia, anzi di più, ma con i tagli all´editoria decisi nel decreto Tremonti (meno 83 milioni per il 2009 e meno 100 per il 2010) il governo dimostra di non essersene accorto e rischia di soffocare il settore e le voci dei più deboli. Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi (Federazione nazionale della stampa) è favorevole ad un nuovo regolamento che disciplini l´erogazione dei contributi pubblici ai giornali, ma la riforma - dice - deve essere accompagnata da investimenti nel settore che sostengano innovazione, sviluppo e occupazione. Segretario, il Manifesto dice che con questo decreto il governo sta mettendo in atto una vera e propria pulizia etnica, condivide? «Sì: giornali come il Manifesto rischiano di chiudere e invece devono esistere. Chiaramente per avere accesso al sostegno i giornali devono rispettare determinati parametri di riferimento. Ma non è possibile prevedere- come il decreto fa - che i contributi pubblici all´editoria siano erogati anno per anno in base all´andamento dei conti dello Stato. Ciò vorrebbe dire fare elemosina, assoggettare i finanziamenti alla benevolenza del governo». Vanno protetti anche i giornali di partito ? «Sia chiaro: io sono contrario al sottobosco e a contributi distribuiti a pioggia. E dico che ai giornali di partito, per esempio, devono pensare anche i partiti stessi, contribuendo a sanare le perdite. E anche che se mi sta bene che i giornali di partito diventino cooperativa, ma bisogna pur lasciar loro il tempo di gestire la trasformazione e pensare quindi ad un periodo di transizione. La platea di chi ha diritto ai sostegni deve essere qualificata in termini di prodotto, occupazione, reale tiratura. Ma bisogna guardare all´insieme: a quella parte di stampa che non può contare su basi commerciali e che va sostenuta perché ne va dell´ informazione di un paese e a quella parte di stampa «industriale» che è in crisi e come Alitalia va aiutata perché ancor più strategica per il bene del paese». Da dove nasce questa crisi? «Il settore sta attraversando una difficile fase di riposizionamento in termini occupazionali, multimediali, d´innovazione tecnologica. Questa fase va sostenuta, ma il governo - che ha coperto gli esuberi Alitalia per sette anni - sembra non volersene occupare, come se l´informazione fosse un fattore secondario». Quanto pesa nel settore la mancanza del rinnovo contrattuale? «Parecchio, perché se non si risolvono i vecchi problemi non si possono affrontare i nuovi. Tutti devono fare la loro parte: anche gli editori, cui spetta l´ultimo passo sulla chiusura della vertenza. La firma del contratto è precondizione essenziale per una riforma condivisa. E nella riforma condivisa va considerato anche il fatto che bisogna smetterla di considerare l´Inpgi, l´istituto di previdenza, come un bancomat da usare per pagare le ristrutturazioni aziendali».