I leader politici di tutto il mondo sono chiamati dall’ONU a “prendere seriamente in considerazione il grave problema della carneficina dei giornalisti”. L’IPI (International Press Institute) ha chiesto ed ottenuto dalle Nazioni Unite una risoluzione sul tema, quale parte della sua campagna per limitare il numero di reporter uccisi mentre svolgevano il loro lavoro.
Negli ultimi 10 anni, 1.300 tra giornalisti e operatori del settore media sono morti in servizio, secondo l’IPI. E solo l’anno scorso 110 giornalisti hanno perso la vita in Iraq; il 60% delle vittime era di nazionalità irachena. Rodney Pinder, direttore dell’International News Safety Institute, organizzazione coinvolta nell’iniziativa dell’ONU, sottolinea che “il problema non riguarda esclusivamente i professionisti morti nelle zone di guerra. In molte parti del mondo, ad esempio, è il traffico di droga a rendere la vita difficile a molti giornalisti, con le gang che prendono di mira i reporter che tentano di documentare il giro d’affari e i crimini commessi in questo ambito”. Il tema portato all’attenzione dell’ONU sarà ripreso dall’International Press Institute in occasione del Congresso mondiale di Edimburgo, in programma dal 27 al 30 maggio. Anche l’International News Safety Institute sta organizzando iniziative in tal senso, dalla compilazione di una lista di giornalisti uccisi in diversi Stati alla realizzazione di un dossier sullo stato delle indagini per l’individuazione dei responsabili. Le organizzazioni per la tutela dei giornalisti lamentano il fatto che “raramente su questi omicidi s’indaga seriamente”. La situazione è particolarmente preoccupante in America Latina, dove “i signori della droga hanno apertamente dichiarato guerra ai reporter, e raramente vengono puniti per questo”. (Astro9colonne)