L’ufficio stampa della Regione Siciliana torna al centro del confronto tra il governatore Rosario Crocetta e il Consiglio dell’Ordine regionale dei giornalisti. Quattro anni dopo averne disposto la cancellazione, il presidente sembra infatti voler tornare sui suoi passi e ricreare la struttura.
Una novità che l’Ordine della Sicilia accoglie positivamente, «vista l'importanza della comunicazione e della informazione istituzionale – spiega l’Odg – e le conseguenti ricadute sul piano occupazionale per i giornalisti. Non possiamo però che rimanere ancora una volta sorpresi dall'improvvisazione con cui si cerca di rimettere in piedi l'ufficio stampa, cancellato all'inizio dell'attuale legislatura dell'Assemblea regionale, con un tratto di penna, in diretta televisiva e invocando il furor di popolo e la giustizia sommaria. Adesso si parla ancora di step e di selezione di curricula, da fare però secondo criteri imperscrutabili».
Secondo l’Ordine regionale dei giornalisti «l'unica strada percorribile per riportare l'informazione istituzionale a Palazzo d'Orleans è quella del concorso: un principio sacro nella pubblica amministrazione, che garantisce trasparenza e merito e che non può essere derogato o scalfito dai tempi di fine legislatura».
Strada, quella della selezione pubblica, che anche il governatore Crocetta dice di voler seguire: «Ho presentato – spiega – una norma per indire un pubblico concorso che consentirebbe l'assunzione di 7 giornalisti alla Regione, norma che ho tentato di fare l'anno scorso, ma che mi è stata bocciata. Il concorso per i giornalisti lo voglio fare, ma dobbiamo perfezionare la norma. Anche le Asp e gli enti regionali dovrebbero fare i concorsi».
Tutto risolto, allora? No. «Io prevedo il rimpinguamento del capitolo – accusa il governatore – e loro me lo tagliano. Quando i giornalisti venivano assunti “intuitu personae” andava tutto bene, davanti a regolare concorso non va bene, questo è il tema». Per Crocetta, sarebbe «la politica a non volere il concorso: io voglio farlo, ma non me lo consentono. Io voglio giornalisti liberi, non servi sciocchi del presidente».