Lo scandalo economico-ï¬nanziario e giudiziario di Gianni Celli e della «Voce» non cessa di riservare brutte sorprese per i creditori e per il panorama dell’informazione locale. Un anno fa la società Editrice La Voce è fallita con un “buco” di oltre 12 milioni di euro, dopo avere incassato più di 20 milioni di contributi statali.
La procura ha indagato l’imprenditore per bancarotta fraudolenta e malversazione ai danni dello Stato: avrebbe distratto fondi della «Voce» (9,9 milioni) ad altre 8 società a lui riconducibili, e destinato i soldi pubblici incassati nel 2010/2013 dal giornale (3,6 milioni) ad attività non editoriali, cioè alla coop edilizia di famiglia «La Mia Terra».
Questa società, indebitata per 6,7 milioni nei confronti della Editrice fallita, non le ha mai restituito neanche un centesimo, ed oggi, 20 settembre 2016 in Tribunale a Rimini, compare davanti ai giudici per la resa dei conti, essendone stato chiesto il fallimento. Ma c’è di peggio: mentre la Editrice veniva mandata a fallimento e decine di famiglie di giornalisti, fotograï¬ e collaboratori erano divenuti creditori ï¬no a 15 mensilità non pagate, Celli ha consegnato formalmente l’azienda ai suoi due giovani figli, rimanendo in realtà al timone e continuando a fare pressoché indisturbato ciò che faceva prima.
Per sensibilizzare la magistratura e l'opinione pubblica sullo scandalo, i giornalisti rimasti in carico a "Editrice La Voce" in fallimento hanno dato vita ad un sit-in davanti al Tribunale di Rimini nel corso del quale hanno anche distribuito un volantino firmato dall'Aser insieme un numero unico "Il grido di Romagna" nel quale hanno riportato la posizione della Fnsi sulla vicenda.
Documenti che riportiamo allegati di seguito.