Prosegue l'agitazione dei giornalisti di Famiglia Cristiana, Credere e Jesus. Dopo i tre giorni di sciopero, dal 29 giugno al 3 luglio, il Cdr della Periodici San Paolo ha diramato una nota in cui si esprime tutta la preoccupazione per le rigidità dell'azienda e la mancanza di prospettive per i giornali del gruppo.
Proclamare lo sciopero, spiegano i giornalisti, è stata «una decisione molto grave, che ha pochissimi precedenti nella lunga storia dei nostri giornali. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la disdetta, con atto unilaterale, da parte dell’azienda, di tutti gli integrativi aziendali di giornalisti e impiegati e di tutti gli altri accordi firmati nel corso degli anni».
La decisione di proclamare lo sciopero, tuttavia, «è una risposta che va oltre quest’atto, pur dirompente, dell’azienda e ha a che fare – prosegue la nota – con la preoccupazione non per il mantenimento di inesistenti privilegi, ma per la difesa del nostro futuro, dei nostri posti di lavoro, delle nostre famiglie e per assicurare la qualità dei prodotti, cartacei e online, sempre più minacciata».
Per questo l’assemblea dei giornalisti della Periodici San Paolo, all’unanimità, ha proclama lo stato di agitazione, affidato al Comitato di redazione un ulteriore pacchetto di 12 giorni di sciopero che vanno ad aggiungersi ai 12 già approvati dall’assemblea del 1° marzo 2017 e rinnovato al Cdr la delega piena «a mettere in atto in qualsiasi momento tutte le azioni di lotta e di protesta che riterrà opportune».
L’assemblea, infatti, mette in risalto come «da tempo, ormai, denunciamo un progressivo deterioramento dei rapporti con i vertici aziendali; osserviamo preoccupati l’accentramento di poteri e funzioni nelle mani di pochi, se non di uno solo; lamentiamo la pressoché totale assenza di progetti e investimenti per il futuro che impoverirà la presenza e l’autorevolezza di Famiglia Cristiana e delle altre testate del gruppo San Paolo, punti di riferimento da decenni per la Chiesa e la società italiane».
Ben consapevoli della situazione difficile in cui versano l’azienda e il comparto editoriale in Italia, i redattori ricordano di aver «senza tema di smentita, dimostrato in questi anni massima disponibilità a collaborare, fare pesanti sacrifici anche economici (due anni di contratto di solidarietà al 30% e due anni di Cassa integrazione al 22-23%) e dialogare con i vertici aziendali al fine di poter proseguire il nostro lavoro al servizio dei lettori e del Paese. Non possiamo fare a meno di osservare, però, che, a fronte di una crisi che ha investito tutto il mondo dell’editoria, altre aziende l’hanno affrontata non solo con tagli sui costi e sul personale, ma avviando nuove iniziative, rivitalizzando i prodotti e lanciando nuovi modi di fare comunicazione sul territorio».
Da qui la richiesta all’editore di impegnarsi ad investire sul futuro delle pubblicazioni e, «nel caso in cui l’azienda dimostrasse, nei fatti e non solo a parole, una reale volontà di apertura e di dialogo», l’assemblea dei giornalisti dà mandato al Cdr «di avviare immediatamente una trattativa».