Fotorporter: Vertenza giudiziaria "pilota" in corso davanti alla Corte d'Appello Civile di Roma da parte del giornalista Angelo Palma contro il Gruppo "L'Espresso - la Repubblica" in tema di diritto d'autore sulle riproduzioni di foto storiche e di "scoop" fotografici.
Il collega Angelo Palma, noto fotoreporter ed ex Vice Presidente
dell'Associazione Stampa Romana, ha lanciato un Sos sulla sua causa
"pilota" in corso da anni contro il Gruppo Repubblica- L'Espresso
sull'utilizzo abusivo di sue foto storiche e tutelate dal diritto
d'autore. Come documentato nell'allegato dossier é una vicenda kafkiana
ora all'esame della Corte d'appello civile di Roma (la prossima udienza è a metà
maggio). C'é anche un "giallo" sulla scomparsa dalla cassaforte del
tribunale civile di Roma dei negativi di molte foto storiche scattate da
Palma.
A mio parere l'Ordine nazionale dei giornalisti, prendendo
spunto da questo caso, dovrebbe affrontare la delicata
problematica a tutela di fotoreporter e valutare anche se affiancare il collega
in questa battaglia giudiziaria con propri legali al fine di fare affermare dei
principi giuridici in tema di diritto d'autore sulle riproduzioni delle foto
dei quali potrebbero poi avvalersi tutti i fotoreporters italiani a vantaggio
dell'intera categoria con possibili positive implicazioni anche per l'Inpgi. Roma, 14 febbraio 2015
CAUSA ANGELO PALMA – GRUPPO EDITORIALE ESPRESSO
Roma Febbraio 2015
Il contenuto di questo intervento lo pongo all’attenzione
del mondo fotogiornalistico e dell’informazione riguardo all’azione legale, iniziata
nel 2007, nei confronti de L’Espresso per la restituzione delle stampe di
negativi B/N di mie fotografie giacenti nei suoi archivi.Cercherò di inquadrarla in un contesto più generale (purtroppo
con approssimazione) dove, chi vuole, può inserirsi nel settore che più gli
interessa. Gli antefatti per
inquadrare la questione.
Nel 1998/99,con molta fatica, insieme al collega, amico e
maestro Romano Gentile, sono riusciti a recuperare una parte dei negativi B/N e
delle Diapositive dall’Agenzia
fotografica Team Editorial Services di Franco Lefevre dove avevo collaborato
fino al 1980.
Nel 2000 il MIBAC/Sovrintendenza Archivistica per il Lazio, ha
notificato “il particolare interesse storico” dell’attività fotografica mia e
di altri colleghi (Rodrigo Pais, Umberto Pizzi, Marcellino Radogna, Piero
Ravagli) “mettendo a disposizione i suoi uffici per il recupero delle opere
fotografiche giacenti negli archivi al fine di ricostruire l’integrità
professionale dichiarata Bene Culturale e meritevole di tutela”.
Per il materiale lasciato alle Agenzie di distribuzione sono
andato varie volte a Milano a riempire borse di foto. Per le foto vendute direttamente ho pensato a L’Espresso, che avendo la redazione a Roma, fossero
più facili da recuperare.
In
quei giorni ho appreso l’Espresso aveva già enucleato dall’archivio fotografico le Diapositive avvertendo fotografi e
agenzie di Roma, non tutte, di ritirare le buste già confezionate.
La restituzione non era stata fatta per le foto B/N perché
girava la voce che L’Espresso le considerasse di sua proprietà, e dato il loro valore
storico- culturale le voleva utilizzare in molteplici usi editoriali da parte del
Gruppo.Anche la mia busta era pronta. Quando l’ho vista esile ho
fatto notare ,con molte telefonate spesso a vuoto , al dott. Del Sordo, all’epoca
responsabile dell’operazione Archivio, che mancavano ,a occhio e memoria, molte
foto e che mi rifiutavo di ritirarlo pretendendo una distinta del materiale in
resa.Silenzio di tomba.
Ho capito che una semplice richiesta era destinata al
fallimento se non accompagnata da qualcosa di più sostanzioso e ho cominciato a
scrivere (Novembre 2002)
Dopo una lunga e defatigante trattativa (telefonate spesso a
vuoto,lettere) sono stato ammesso a visionare tutte le diapositive stipate in
scatoloni depositate in uno scantinato umido della rivista in via Isonzo per
cercare di identificare e poi recuperare le mie fotografie.
Ma solo il sabato perché così mi aveva chiesto il “personale
dell’ufficio fotografico” (tre fattorini!) per farsi pagare gli straordinari.
Ho recuperato molte foto sparpagliate negli scatoloni e chissà
quante erano state messe nelle buste restituite o in restituzione già
confezionate con nominativo, indice di una cernita e suddivisione fatto da
personale inesperto del settore fotogiornalistico.
Per individuare le foto B/N relative ai negativi recuperati
dalla Team ho trovato un grande aiuto nella Biblioteca di Storia Moderna e
Contemporanea di via Caetani dove ho potuto consultare la collezione de
L’Espresso, ma non del Venerdì di Repubblica perché non collezionato, e
fotocopiare le pagine con le mie foto pubblicate.
Tutto ciò nei ritagli di tempo. Ho impiegato quasi 2 anni.
Il prodotto finale, nonostante alcuni buchi nella collezione,
è stato un elenco di mie foto pubblicate, B/N e diapositive, delle quali
chiedere la restituzione insieme a quelle non pubblicate ma documentate da
buoni di consegna e fatture.
Come corollario della ricerca ho ricavato anche un elenco di
foto ripubblicate,che mi erano sfuggite, per
rifatturarle come ho sempre fatto.
Nell’attesa, vana, di un elenco delle Diapositive in
restituzione da confrontare con il pubblicato, i buoni di consegna e le
relative fatture mi sono dedicato sulle foto B/N pubblicate delle quali ho
fatto la stampa (10x15)cm allegata alla fotocopia della pagina di
pubblicazione.
Tutto il malloppo l’ho spedito al Direttore pro-tempore de
L’Espresso (Daniela Hamaui) chiedendo il pagamento delle foto ripubblicate e la
restituzione delle foto B/N elencate entro 180 giorni, pena un nuovo pagamento integrale,
e una distinta delle diapositive in restituzione. Silenzio tombale anche dopo
altre lettere del 2005/2006 fino a che nel giugno 2007 ho fatto l’atto di
citazione con l’assistenza dell’avv. Antonio Capitella avendo come controparte
il Prestigioso Studio Legale Ripa di Meana.
Alla prima udienza L’Espresso ha sostenuto 1)di essere il
titolare di tutti i diritti sulle foto fornite (quindi non si pagano i ripubblicati) considerate “semplici
fotografie” e non “opere fotografiche” in base alla L.633/41 sul Diritto
d’Autore con diritti di pubblicazione spettanti all’Autore fino a 20 anni dalla
produzione.
2)che, comunque, Palma doveva dare “la prova di essere il
titolare dei diritti esclusivi delle fotografie.
Sul punto 1): dal Dicembre 2002 il Gruppo comunica ai
fornitori delle fotografie una nuova procedura per la fatturazione del
pubblicato(incluso i ripubblicati): ci
vuole un numero d’ordine con la descrizione della foto, del prezzo, codice
emittente, codice fornitore. La Repubblica l’ha sempre fatto d’ufficio, L’Espresso
su richiesta del fotografo o del suo rappresentante.
L’ultimo numero d’ordine è del 30/6/2014 per una foto di
Marco Biagi ripubblicata nell’edizione di Bologna (fino ad ora inevasa).
Sul punto 2): ho preparato un album con i 163 NEGATIVI B/N ORIGINALI,
consegnato dall’avv. Capitella alla cancelleria del Tribunale Civile di Roma
per il deposito in cassaforte, e allegato in una memoria del 17/1/2008 con una succinta
descrizione dei soggetti rappresentati in ogni negativo.
Per le testimonianze ho cercato alcuni colleghi per
specificare le modalità della fornitura delle fotografie e della restituzione
delle diapositive.
E’ scattato l’italico “Tengo Famiglia” in quanto il
dichiarare che:
-le foto si fornivano
con un semplice buono di consegna con la data e la descrizione dei
soggetti con successiva emissione di
fattura
-era obbligatoria una firma alla restituzione del pacco delle
diapositive avrebbe automaticamente comportato l’esclusione dal “giro” del
Gruppo Espresso-Repubblica che nell’asfittico mercato editoriale romano e
nazionale era ed è un “Potere Forte”.
Solo il soldato Umberto Pizzi da Zagarolo si è dichiarato disponibile.
I testimoni de L’Espresso sono stati i tre fattorini che
nell’udienza del 21/1/2009 hanno dichiarato di avermi restituito nel Maggio
2002 diapositive e foto B/N esibendo un elenco generico e incomprensibile fatto
solo di sigle di lettere e numeri.
Di più. Hanno dichiarato di avermi cercato ripetutamente
ancora nel Settembre 2002 per continuare a cercare altre foto tra quelle ancora
presenti in archivio (se si potessero ancora acquisire i tabulati telefonici si
scoprirebbe il contrario).
Allora le foto in archivio a L’Espresso sono dei fotografi! e
non de L’Espresso, come sostenuto dal Prestigioso Studio Legale Ripa di Meana poco più di un anno prima.
Voglio far notare che il mio archivio è stato “tutelato” dal
Mibac e quindi penso che rientri nelle “opere fotografiche” con l’estensione
del diritto d’autore a 70 anni dalla morte oppure la restituzione delle
diapositive ai fotografi è stato un gesto di liberalità in linea con lo stile e
la pratica politico-giornalistica del
settimanale fin dal 1955?
Una considerazione di logica elementare: se la mia prima
lettera è del Novembre 2002 (seguita da altre fino al 2006) perché non hanno
mai risposto per ricordarmi la già avvenuta restituzione delle diapositive e
del B/N? Restituzione fatta come? Con la forza? Le hanno spedite? A L’Espresso
ignorano la pratica della firma di ricezione usata nelle A/R, dai corrieri, dai
Pony Express, nei concorsi, ecc.
Debbo allora convincermi che le foto mi sono state
restituite a mia insaputa!
A quanti altri fotografi sono state restituite anche le
stampe B/N?
Posso solo notare che questa fantomatica restituzione, antecedente
alla mia prima lettera sia stata magicamente prodotta solo dopo il deposito in
Cancelleria dei negativi B/N originali, con la testimonianza dei tre fattorini ed
esibendo un pezzo di carta senza neanche un nominativo relativo ad una sola
foto delle 163 richieste in restituzione.
Il Collegio Giudicante, presieduto dal dott. Tommaso
Marvasi, ha emesso la sentenza il 30/1/2013 (Allegato A), depositata
il13/2/2013,rigettando le mie richieste.
Ironia della sorte, del dott. Marvasi si è occupato proprio
L’Espresso del 23/1/2014 con un articolo di Lirio Abbate (Allegato B).
Superato lo sconcerto ho dedotto una sola cosa: la legge sul
Diritto d’Autore viene fatta a pezzi se non conta niente anche dimostrare di
essere l’autore delle foto chieste in restituzione depositando nella cassaforte
del Tribunale i negativi originali dei quali si ignora l’esistenza!
Inoltre il Collegio giudicante sposa in pieno la tesi de
L’Espresso sulla riconsegna delle foto senza una mia firma di ricezione. In pratica
l’onere della prova sarebbe spettata a me e non a L’Espresso che non ha esibito
nient’altro che un pezzo di carta con alcuni numeri e sigle incomprensibili
messe alla rinfusa.
Da notare che a pag. 3 della sentenza si cita l’art. 110
della legge 633/41 sul trasferimento dei
diritti di utilizzazione economica di opere tutelate dal diritto d’autore. E’
l’art. 89!
Sempre sostenuto dall’indomito avv. Capitella, che cerca
invano di convincermi che la Logica giudiziaria è un’altra cosa dalla Logica comunemente
intesa, e saldamente convinto dei miei diritti ho fatto appello rievocando
l’invocazione del mugnaio tedesco, traslata a Roma, sull’esistenza della
giustizia anche a Viale Giulio Cesare!
La procedura vuole che in appello si ripresentino gli atti e
i documenti prodotti in 1° grado.
L’avv. Capitella è andato a ritirare l’album con i Negativi
Originali B/N e, sorpresa!, gli è stato risposto che in cassaforte non c’era
niente!
Rileggendo con calma le motivazioni della sentenza si nota
che il rigetto dell’istanza è motivato dal fatto che “la
documentazione relativa alla cessione (delle fotografie) consiste unicamente in
fatture e bolle di consegna”.
Allora Il Collegio Giudicante:
-non ha tenuto conto dei negativi B/N depositati?
-non li ha visti nel fascicolo processuale?
-se così perché non li ha richiesti all’ufficio dove erano depositati?
-se mancanti come si
sarebbe comportato?
Un’altra amara riflessione .Lo stato italiano ha
riconosciuto “il valore storico culturale” di tutto il mio archivio fotografico
mettendolo sotto tutela obbligandomi ad averne cura e a non smembrarlo. Appena
ne esce un pezzettino affinché lo stesso stato italiano possa esercitare la sua
funzione giurisdizionale lo fa sparire!
Alla prima udienza d’appello del 30/5/2014 per costituzione
delle parti (ruolo n.1093/2014 –Sez.1°) l’avv. Capitella ha fatto presente
l’enormità della cosa e il Presidente della Corte ha richiesto al Tribunale di
Roma la ricerca e la trasmissione dei negativi B/N alla Corte stessa.
Poiché alla data del 19/11/2014 la richiesta non era stata
evasa la Corte ha disposto un sollecito in vista dell’udienza del 28/11/2014
dove non è stata data risposta tanto che la Corte ha rinnovato la richiesta al
Tribunale rinviando la causa al 15/5/2015.
Quanto durerà questo balletto?
Tutto quanto sopra esposto l’avv. Capitella lo ha riassunto
in un A/R indirizzata al Presidente del Tribunale di Roma e ,per conoscenza, al
Ministro di Giustizia.
Se i negativi non si trovano chi ne deve rendere conto?
Non c’è qualche aspetto Penale?
Intanto il procedimento potrebbe continuare se L’Espresso
riconoscesse formalmente l’esistenza dell’elenco dei Negativi B/N.In fondo non
avrebbe nulla da temere avendo vinto il 1° grado forte della sua impostazione
giuridica.
Altrimenti sarò costretto a chiedere i danni alla Stato
italiano nella figura del Ministro di Giustizia per la perdita di negativi
originali frutto del mio lavoro di decenni. Nell’elenco ci sono anche i 3
scatti della “tirata di orecchie” a Fanfani del 1979,una delle foto di politica
più famose del dopoguerra.
Se L’Espresso non aderirà a questa richiesta (chissà come
quoterebbero gli allibratori) l’esito della causa è scontato come nel 1° grado
e il Prestigioso Studio Legale Ripa di Meana acquisterà più credito nei
confronti dell’editore nel salvaguardare l’integrità dell’archivio delle stampe
B/N de L’Espresso.
A proposito della “tirata di orecchie” a Fanfani. L’ho
ripresa nel Maggio 1979 quando collaboravo con la Team che l’ha venduta
anche a La Repubblica. Nel
1999 i negativi sono tornati in mio possesso e ogni volta che veniva
ripubblicata la fatturavo. Il 2 Febbraio 2014 la foto di Fanfani è stata ripubblicata
(con altre foto italiane e straniere) a corredo di un paginone di Filippo
Ceccarelli sull’importanza delle foto simboliche che caratterizzano personaggi
e avvenimenti.
Ho aspettato qualche mese in attesa di un riscontro per la
fatturazione. Niente.
Un paio di mesi fa ho scritto segnalando la cosa .Niente.
Quesito per gli specialisti del Diritto d’Autore: come posso
esercitare i miei diritti ,morali ed economici, su una foto ripubblicata non
potendo esibire il negativo originale “scomparso” nello svolgimento di una
causa sul Diritto d’Autore con una testata dello stesso gruppo editoriale? Anche
se tutti sanno che quella è una mia fotografia.
Insomma un bel guazzabuglio.
L’intento di questo intervento non è solo sulla causa, ormai
incardinata, ma credo emblematica di un certo modo di agire degli editori nei
confronti di un settore sempre più debole, i fotoreporter, praticamente
scomparso e facilmente condizionabile in mancanza, da sempre, anche di un
quadro normativo definito.
Ho cercato negli anni passati e con altri colleghi, di
tentare di risolvere a livello sindacale i vari aspetti professionali (di
status, economici, deontologici ecc).
Ad oggi abbiamo meno ostacoli nell’entrare nell’Ordine dei
Giornalisti, oramai per quel che vale. La FNSI
e la FIEG hanno stipulato un accordo, assai generico, sul lavoro
autonomo. E’ troppo tardi! C’è una crisi di sistema, non solo della carta
stampata.
Forse se nell’Ottobre 1993 fosse passata al Congresso
Straordinario della FNSI
(mancanti solo 5 voti!) la proposta rivoluzionaria ,allora,
di accettare nel Sindacato coloro che di fatto erano giornalisti ,senza passare
per le forche caudine dell’Ordine, forse le cose non sarebbero arrivate a
questo punto.
Ovviamente il riconoscimento de facto si sarebbe applicato
anche ai fotoreporter pensando già al cambiamento della professione verso un
operatore dell’informazione a tutto campo, dalla ripresa video e fotografica,
all’editing, ecc.
in un quadro normativo definito che, forse, oggi avrebbe
attenuato gli sconvolgimenti dell’avvento del digitale.
Siamo stati
considerati degli alieni.
Nel fotogiornalismo il digitale ha risolto molti problemi
pratici dalla produzione (ripresa e diffusione in tempo reale nel mondo) alla
conservazione.
Però si tratta di FILMATI. Basta spingere il tasto anche di
un cellulare da 30 euro, come il mio, e inquadrare sommariamente per averne spesso
“brutti, sporchi e sgranati” ma talvolta fondamentali; pensiamo a quelli girati
dai migranti sui barconi o sul traghetto in fiamme.
Le foto diventano un derivato, un fermo immagine. Anche i
fotografi professionisti spesso lavorano così. L’illustrazione di una notizia
in TV o su un sito giornalistico (30 sec.,1 o 2 minuti) di attualità (cronaca
nera e rosa,vmondanità, ecc) o di archivio non può reggere che qualche
foto, talvolta una, pena l’inesorabile legge dello zapping.
L’ideazione di un servizio e/o di un progetto da parte del
singolo fotoreporter (prassi abituali fino a qualche anno fa) viene dissuasa
dalla mancanza di sbocchi editoriali. I commissionati sono ai minimi termini e con
che prezzi! La facilità di ripresa (ecco il rovescio della medaglia) rende
tutti fotografi e mette a disposizione del mercato editoriale, a costo
praticamente zero,una grande messe di immagini da attingere tramite siti, blog,
social network, ecc. per la felicità degli autori occasionali. Mutuando Andy
Wharol: ognuno ha diritto di avere una foto/ripresa pubblicata.
Per i nuovi professionisti in digitale e soprattutto per le
agenzie di produzione che utilizzano giovani volenterosi sfornati da “scuole di
fotografia”, potrebbe valere la battuta di BC (fumetto degli ’70 su Linus)“se
dai una macchina da scrivere in mano a una scimmia prima o poi comporrà una
parola”.
L’aspetto della conservazione e dell’archivio è l’altro
corno del settore. Il digitale certamente facilita l’archiviazione e la pronta
reperibilità del materiale di attualità e di quello cartaceo digitalizzato
Che fine fanno gli archivi fotografici dei giornali
soprattutto di quelli che chiudono
Mi risulta, nel migliore dei casi, di cassetti metallici
stipati in magazzini da anni.Fino a quando? Dopo 10 anni è possibile distruggerli.
E gli archivi analogici dei fotoreporter sopratutto di
quelli scomparsi? Tento da vari anni con una associazione di “vecchi”
fotoreporter “Pro-Memoria” di ottenere dal Comune di Roma un locale, un luogo fisico dove
depositare in sicurezza questi archivi per poi, eventualmente, selezionarli, digitalizzarli,
renderli disponibili per salvare e valorizzare un patrimonio unico al mondo, quello
della “Scuola Romana” (da non confondere con il “paparazzismo” che è un suo derivato
macchiettistico).
Il Comune di Roma, su impulso di Veltroni sindaco impostò
uno studio di fattibilità su questo progetto elaborato da Benedetta Toso, titolare
della Fotoarchivi&Multimedia. Da qualche mese c’è uno stanziamento di fondi
per la creazione di un Museo della Fotografia ristrutturando un padiglione
dell’ex mattatoio di Testaccio, ma con l’aria che tira…. Ci sono stati alcuni incontri
pubblici. Ne ho ricavato la certezza che il settore fotogiornalistico avrà uno
un piccolo settore dando spazio a una massa di “esperti”(storici dell’arte e
studiosi, artisti-fotografi sperimentatori, ecc.)
Temo tornei oratori su alberi in controluce, tramonti
infuocati, riprese sghembe, volti vitrei, solarizzazioni, ecc.). Forse l’unico effetto
positivo della creazione del Museo potrebbe essere l’eliminazione di un
pomposo, inutile, costoso Festival Internazionale della Fotografia con le cui
risorse si sarebbe potuto allestire un decoroso ricovero per i negativi e le stampe
prodotte da chi ha documentato la vita vera e i personaggi storici di tutto il
mondo che sono passati per Roma.
Ci sarebbe bisogno di un grande progetto nazionale per la salvaguardia degli
archivi fotografici dei giornali e dei fotoreporter prima che scompaiano!
Ho avuto occasione di sbirciarne alcuni. Non avete idea di
quanti tesori sono da portare alla luce, spesso inediti!
Ci sono già delle realtà (tipo Cinisello Balsamo) da
valorizzare e incrementare.
Non si potrebbe usufruire dei Fondi Europei ai quali ora
possono accedere anche le Città
Metropolitane (Roma, Milano, Torino ecc) per mettere in moto un meccanismo che
dia anche spazio alle figure professionali del digitale nel salvaguardare una
memoria storica nazionale da utilizzare anche nella formazione ddi nuovi
operatori dell’informazione visiva?
Per tornare a terra torno al mio caso personale però da
inquadrare come una pietruzza del mosaico fotogiornalistico dove la nostra
debolezza è un incentivo agli editori a fare carne di porco del nostro lavoro.
Anni fa ho visto con i miei occhi l’archivio fotografico del
Il Messaggero di Roma.
Per ogni personaggio o avvenimento, spesso, oltre alle
stampe c’era la busta dei ritagli. Pratica abbastanza diffusa.
Bisognava accorgersi della foto rubata e poi tentare di
farsela pagare. Missione Impossibile. A onor del vero L’Espresso (e pochi
grandi giornali nazionali) non si è mai abbassato a fare una porcheria del
genere.
Sarebbe interessante se i fotoreporter “analogici”
pre-digitali (sorvolo sui dati anagrafici) chiedessero ufficialmente la
restituzione delle stampe B/N delle loro fotografie giacenti nell’archivio de
L’Espresso.
Giusto per vedere l’effetto che fa.
Il mio risultato, finora, dell’iter processuale è la
ricezione di un bel “pacco” la cui confezione, come ipotesi prevalente, è derivata
dal collasso della giustizia civile italiana e compendiato nella sentenza.
Però c’è anche chi ci guadagna e seguendo la pista del “cui
prodest” (rafforzata dalla filosofia del Marchese del Grillo, viste le parti in
causa) non può che venire in mente l’aforisma
del Divo Giulio. “A pensar male si fa
peccato………………”
Piace vincere facile,eh!
ANGELO PALMA