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Gazzetta del Mezzogiorno, il Cdr: «Ecco la girandola milionaria sulla gestione del giornale»
Vertenze 07 Giu 2020

Gazzetta del Mezzogiorno, il Cdr: «Ecco la girandola milionaria sulla gestione del giornale»

«Svanite nel nulla promesse e impegni generici sul salvataggio, restano solo i numeri a raccontare le vicende del fallimento di Edisud e Mediterranea», scrivono i giornalisti che, in attesa delle decisioni del Tribunale, si preparano all'eventualità  di dare continuità  alle pubblicazioni riuniti in cooperativa.

Lunedì 8 giugno il Tribunale di Bari è chiamato a discutere la richiesta di fallimento dell'azienda editrice della Gazzetta del Mezzogiorno avanzata dalla Procura del capoluogo pugliese. Procura che intanto sta indagando sul debito di 44 milioni accumulato dalla Edisud e dalla Mediterranea, le due società che fanno riferimento all'editore Mario Ciancio Sanfilippo.

«Svanite nel nulla promesse e impegni generici sul salvataggio della vostra e nostra Gazzetta, restano solo i numeri a raccontare le vicende del fallimento», scrive in una lettera ai lettori, pubblicata anche sul sito web del quotidiano, il Comitato di redazione. Che annuncia: «Proprio in queste ore, i giornalisti stanno completando le formalità per creare la cooperativa e farsi trovare pronti qualora dovesse essere possibile e necessario garantire la continuità delle pubblicazioni con l'unico impegno che in questi anni non è mai venuto meno: il lavoro».

PER APPROFONDIRE
Di seguito la lettera ai lettori dei giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno.
 
Cari Lettori,
svanite nel nulla promesse e impegni generici sul salvataggio della vostra e nostra Gazzetta, restano solo i numeri a raccontare le vicende del fallimento della Edisud e della Mediterranea, le società che fino a oggi hanno vissuto della forza della testata accumulando 44 milioni di debiti sui quali indaga la Procura di Bari.
Riepiloghiamo brevemente la situazione. Edisud è la società editrice de La Gazzetta del Mezzogiorno. Ma la testata e il palazzo di via Scipione l'Africano (sede del giornale fino al maggio 2015) sono proprietà della società Mediterranea a sua volta controllata al 100% dalla stessa Edisud di cui sono dipendenti giornalisti e poligrafici. Mediterranea è anche la società incaricata della raccolta pubblicitaria. Questo assetto rende, di fatto, la Edisud un centro di costo e la Mediterranea la cassaforte di famiglia. La famiglia è quella di Mario Ciancio Sanfilippo, azionista di maggioranza della Edisud, rientrato in possesso del suo patrimonio dopo 18 mesi di sequestro giudiziario conclusosi con una doppia sentenza favorevole del Tribunale di Catania. Ma al suo rientro, l'editore siciliano ha dichiarato il disimpegno dall'impresa editoriale pugliese.
La situazione fallimentare si è esplicitata durante i 20 mesi di responsabilità commissariale ma affonda solide radici nella gestione dei manager voluti, nominati e difesi dalla famiglia Ciancio Sanfilippo durante tutta la fase imprenditoriale, protagonisti di tagli selvaggi al costo del lavoro mentre (abbiamo poi potuto ricostruire) a bilancio iscrivevano ogni anno 4,5 milioni di spese mai chiaramente documentate sotto la generica voce di "servizi". E siamo già alle cronache delle ultime settimane, ricche di colpi di scena.
Uno di questi colpi di scena è stato l'addio di Mario Ciancio Sanfilippo, che si è dichiarato pronto a cedere il giornale a chiunque ne fosse interessato, onorando fino in fondo i debiti personali. Non sappiamo se tra questi fa rientrare anche le quote societarie mai fatte affluire nelle casse della società: il 29 giugno del 2018 la famiglia Ciancio Sanfilippo ha sottoscritto un aumento di capitale della Edisud senza mai versare i 689mila euro per i quali si era impegnata.
Con quei soldi in cassa i lavoratori della Gazzetta avrebbero potuto contare su qualche stipendio in più, senza dover fare necessariamente affidamento sulle risorse della controllata società Mediterranea, gestita da Franco Capparelli (uomo di fiducia dell'editore) in qualità di presidente del consiglio di amministrazione e direttore commerciale. Un dirigente che conosce profondamente la complicata macchina che si alimenta della Gazzetta. Capparelli prima di rimanere alla guida della Mediterranea ha ricoperto i compiti di consigliere di amministrazione e direttore generale della Edisud, chiamando al suo fianco persone di sua conoscenza e fiducia, talune ancora in servizio.
Il ruolo di Mediterranea è strategico. Nei mesi più difficili per la testata, la società incaricata della raccolta pubblicitaria si è liberata di buona parte del personale in vista di un ipotizzato accordo con la Speed, società del gruppo editoriale Riffeser Monti. L'accordo non si è mai chiuso, la rete degli agenti è stata compromessa e gli effetti si sono riverberati immediatamente sulla testata in termini di mancate inserzioni e, dunque, di ridotti ricavi a favore della Edisud. Fortunatamente per Mediterranea le cose vanno meglio da circa un mese; sfortunatamente per Edisud e i suoi dipendenti proprio da circa un mese Mediterranea sostiene di non poter più versare le percentuali pubblicitarie per non incorrere in una forma di pagamento preferenziale, pratica scorretta durante una procedura fallimentare.
E non sono gli unici soldi che la società "figlia" nega alla società "madre". Ci sono anche i cinque milioni di euro iscritti nello stato patrimoniale di Edisud come crediti mai riscossi dalla Mediterranea i cui bilanci, peraltro, si fermano al 2017 non essendo stati approvati i consuntivi successivi.
Nonostante tutto questo, la gestione della testata ha comunque fruttato a Edisud introiti per 13 milioni di euro (consuntivo 2018) e il valore del marchio stesso è stato stimato 25 milioni di euro dalla perizia effettuata per conto della Procura, alla base della richiesta di fallimento che si discuterà domani in Tribunale a Bari, insieme a quella di Mediterranea dopo l'udienza di giovedì scorso.
Il colpo di grazia, in questo vortice di milioni, arriva dalla pratica delle svalutazioni, che per fasi successive raggiungono la quota di 22 milioni di euro nel giro di un anno e mezzo. Quasi a pareggiare e dunque annullare il valore della testata. Quasi. E tornano in mente le motivazioni con le quali i pm Rossi, Marazia e Divittorio accompagnano la richiesta di fallimento delle due società: il timore di manovre speculative a danno – di fatto – dei creditori delle due società. In quella schiera ci sono anche i giornalisti, che proprio in queste ore stanno completando le formalità per creare la cooperativa e farsi trovare pronti qualora dovesse essere possibile e necessario garantire la continuità delle pubblicazioni con l'unico impegno che in questi anni non è mai venuto meno: il lavoro.

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