Rispetto. Delle regole, del contratto di lavoro e dei patti sottoscritti. E un reale rilancio della testata. Nient'altro. È quanto chiedono i giornalisti del quotidiano Il Gazzettino alla proprietà, il Gruppo Caltagirone Editore, convinti che il riconoscimento reciproco di ruoli e doveri sia il presupposto irrinunciabile per portare in edicola un prodotto completo, competitivo e in grado, come da tradizione, di dare voce piena e autorevole al territorio. È la richiesta più volte formulata dal Comitato di redazione del Gazzettino, e finora inascoltata dai vertici aziendali, che oggi, giovedì 21 maggio, è stata resa pubblica in una conferenza stampa online organizzata dal Sindacato giornalisti Veneto alla quale, oltre al Cdr, hanno partecipato il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, la segretaria regionale Sgv, Monica Andolfatto, il presidente dell'Assostampa Friuli Venezia Giulia, Carlo Muscatello, e il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Veneto, Gianluca Amadori.
All'indomani della celebrazione dei 50 anni dello Statuto dei Lavoratori – mai come in questo periodo messo in discussione dalle aziende sotto i colpi della crisi da Covid 19 – la denuncia del Cdr, su mandato dell'assemblea dei giornalisti, è stata chiara: «L'Italia riparte, il Friuli pure e anche il Veneto, mentre Il Gazzettino si trova nel lockdown più totale», ha detto rivolgendosi direttamente al governatore Luca Zaia, che alcuni giorni fa, durante il suo consueto punto stampa si è stupito che i cronisti del Gazzettino facessero ancora domande da casa, visto che l'emergenza acuta è finita. Già perché i giornalisti del Gazzettino, tranne rare eccezioni concesse dal direttore e che in quanto tali sono discriminatorie e lesive della professionalità del singolo, sono costretti non solo a lavorare in smart working a domicilio, ma anche – pena sanzioni disciplinari – a non uscire per fare il loro lavoro e, appunto, dare voce al Veneto e al Friuli.
E se allo scoppio della pandemia il Gruppo editoriale ha risposto nell'immediato – circostanza della quale il Cdr ha dato atto anche pubblicamente – a tutela della salute dei dipendenti e della continuità aziendale, a distanza di due mesi non si capisce perché non si possa tornare alla normalità, cominciando con il riaprire le redazioni in sicurezza. Questo permetterebbe di porre fine a una formula iniqua di smart working che vede solo una parte del corpo redazionale fornita di pc aziendale (55 dipendenti su 77) con l'utilizzo per quasi tutti di cellulari e tablet personali, linee dati personali. Con i giornalisti che si sono prestati a fare i rider per scambiarsi le dotazioni aziendali nei giorni di riposo o di ferie imposte al fine di assicurare l'uscita puntuale del quotidiano, sottoponendosi a viaggi di decine e anche centinaia di chilometri.
Qualcuno potrebbe dire: «E allora? C'è chi ha perso il posto, chi è in cassa integrazione!» Anche i giornalisti del Gazzettino sono in cassa integrazione e anche i giornalisti del Gazzettino vivono il ricatto occupazionale, basti pensare che nella gestione Caltagirone dal 2006 a oggi, l'organico è stato quasi dimezzato. Così quello dei poligrafici, così quello degli impiegati. Per non parlare dei collaboratori esterni, la gran parte dei quali "redattori aggiunti" in balìa dei tagli unilaterali dei compensi che arrivano semplicemente via mail, prendere o lasciare.
«Mai – ha continuato il Cdr – i giornalisti si sono sottratti alle loro responsabilità e, quando si è presentata la necessità di affrontare sacrifici, sempre più pesanti sul fronte della riduzione di organico e della busta paga, li hanno assunti appieno convinti di fare il proprio dovere per garantire un futuro al giornale che è patrimonio anche dei veneti e dei friulani, e non solo della proprietà. Con serietà e dignità».
Purtroppo dall'altra parte non sempre agli annunci sono seguiti i fatti. Specie ora quando è vitale fare squadra, stringere i denti, lottare fianco a fianco. Invece no. L'azienda rifiuta il confronto sindacale, disconosce gli accordi presi. Nega dignità ai giornalisti considerandoli una mera voce di costo, da tagliare e da sfruttare scaricando su di loro spese di gestione, condotta che in qualsiasi altra azienda, anche non editoriale, sarebbe impensabile.
Il Cdr l'ha definita «una politica editoriale "colonialista". Al Gazzettino Spa è stata gradualmente tolta ogni autonomia e sono stati riportati a Roma ogni decisione e ogni interesse, anche la sede legale. Il Gazzettino Spa non ha più nemmeno un amministratore delegato. A Mestre non c'è più un vertice aziendale dotato di potestà decisionale. Lo stesso direttore del personale, la figura che l'azienda ha indicato al Cdr come referente, è dipendente di un'altra società del Gruppo. Questo assetto ha effetti importanti sulla difficoltà dei rapporti e delle trattative tra lavoratori e azienda. La nostra controparte, infatti, per sua stessa ammissione al tavolo, non è che un mero esecutore delle decisioni prese a Roma».
A questo proposito, il segretario generale della Fnsi ha dato la propria disponibilità a facilitare un incontro con il Gruppo editoriale a livello nazionale, manifestando la propria preoccupazione per quanto sta avvenendo al Gazzettino e, di riflesso, sull'intero mondo della carta stampata.
«Lo smart working – ha sottolineato Lorusso – può essere una modalità per certe situazioni e ambiti ma non può essere la regola del nostro settore. Questa è l'opinione non solo dei colleghi, ma anche di numerose e grandi aziende che si stanno riorganizzando per riportare i giornalisti in redazione. Il tema della sua regolamentazione dovrà essere affrontato con la Fieg e declinato nelle singole aziende».
D'altronde lo stesso presidente del Gruppo Caltagirone ha dichiarato che il giornalismo non si può organizzare in smart working. (Da sindacatogiornalistiveneto.it)