È polemica per le dichiarazioni che il direttore del Messaggero Massimo Martinelli ha rilasciato nel corso di un convegno organizzato da Stampa Romana. Ritornando sulla vertenza che oppone i collaboratori del quotidiano romano all'azienda, il direttore ha di fatto giustificato il taglio dei compensi, scatenando la reazione del Coordinamento dei collaboratori.
«Le redazioni esterne de Il Messaggero – scrivono i giornalisti lavoratori autonomi – sono composte da uno stuolo di giornalisti incapaci. È quanto sostiene indirettamente il direttore della testata Massimo Martinelli, invitato da Stampa Romana in un webinar l’8 marzo. Sorvolando sul fatto che il sindacato romano non ha pensato di convocare una collaboratrice del quotidiano che potesse confutare quanto stesse sostenendo il direttore, che si ricorda essere stato segnalato dal Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti al Consiglio di Disciplina territoriale competente, di fronte all'eventuale violazione dei principi della carta di Firenze, oggi contenuta nel Testo Unico Deontologico, è bene precisare alcuni aspetti che evidentemente sfuggono».
Per il direttore del Messaggero, incalza il Coordinamento, «quella del precariato dovrebbe essere solo una fase iniziale della carriera giornalistica. Il direttore, figlio di un periodo storico molto diverso da quello attuale fa finta di non sapere che la sua redazione è composta da collaboratori che scrivono per il suo giornale mediamente da 15 anni. “Assumo chi porta notizie” ha sottolineato, ma di traccia di queste assunzioni non se ne scorge. È vero che non tutti possono essere stabilizzati ma al contrario tutti devono essere trattati decentemente. E con la lettera che ha inviato nel luglio scorso, nella quale chiedeva di accettare i tagli ai compensi, ha dimostrato che questa dignità non viene riconosciuta a chi, tutti i giorni, produce il suo giornale. Il direttore sostiene che “i 7 euro sono per articoli di sole 20 righe, mentre pezzi più lunghi vengono pagati meglio”. Martinelli si è ben guardato dal ricordare che per i collaboratori delle redazioni esterne il taglio è stato effettuato anche su pezzi più lunghi. Di fatto, a parità di righe scritte per produrre una notizia, il tempo di un collaboratore esterno vale meno. Una sorta di razzismo interno. Così come si è ben guardato dal dire che nel tempo, con la modifica grafica apportata al giornale, i pezzi si sono ridotti. Ha sottolineato poi come “il compenso sia netto e su questa cifra vengano pagati regolarmente i contributi”: se una testata nazionale non lo facesse, si troverebbe l’Inpgi a chiederne conto».
Il direttore, prosegue il comunicato del Coordinamento dei collaboratori, «ha aggiunto come questo compenso sia di gran lunga superiore a quelli riconosciuti dai competitor del Messaggero in ambito locale, senza però specificare quali siano questi competitor visto che nessuna testata nazionale nel Lazio presenta una redazione in città che non sono neanche elevati a capoluoghi di provincia, come Civitavecchia, oppure edizioni dedicate come quella di Ostia. E nessuno a via del Tritone, dal direttore in giù, ha mai pensato a un investimento sul materiale umano a disposizione: una presenza capillare sul territorio che allargherebbe la platea di fruitori di notizie e servizi targati Il Messaggero sfruttando e incentivando le piattaforme dei nuovi canali di comunicazione».
Concludono i giornalisti: «Resta, al termine dell’iniziativa del sindacato territoriale, Stampa Romana, l’amarezza del fatto che a tener la bandiera della dignità del lavoro, e far notare a Martinelli che “7 euro per un articolo non sono dignitosi”, sia stata Giulia Guida, segretaria nazionale Slc unica sindacalista donna invitata al dibattito e che ringraziamo per l’intervento. La prossima volta, scommettiamo, una collega precaria del Messaggero saprà incalzare (meglio) i relatori su equo compenso e precariato».