La situazione del quotidiano "la Voce di Romagna" continua a suscitare allarme nel Sindacato regionale dei giornalisti. Proseguono, infatti, i significativi ritardi nel pagamento degli stipendi senza che l'azienda abbia concordato un efficace piano di rientro dal debito che ha verso i lavoratori; sono stati compiuti gravi atti intimidatori nei confronti di coloro che rivendicano i propri diritti, con trasferimenti, ferie forzate e perfino il licenziamento di un componente del comitato di redazione.
Nei giorni scorsi l'editore ha disertato una riunione, per affrontare la situazione, indetta dal Prefetto di Rimini.
L'azienda, da tempo, rifiuta il tavolo sindacale per affrontare - attraverso strumenti di legge e contrattuali - la situazione di difficoltà nella quale evidentemente si trova, non riuscendo a far fronte con regolarità alle spettanze dei redattori e dei collaboratori.
Chi rivendica i propri diritti viene trattato come un nemico dell'azienda.
I veri nemici dell'azienda sono coloro che non vogliono affrontare apertamente i problemi, lasciandoli incancrenire e promettendo ipotetiche soluzioni perfino di dubbia legittimità. L'Associazione stampa dell'Emilia-Romagna ringrazia il Prefetto di Rimini per la sua iniziativa e lo invita a proseguire il monitoraggio della situazione. Dal canto proprio il Sindacato ribadisce di essere al fianco di tutti coloro che difendono i propri diritti contrattuali e costituzionali. «Siamo solidali, in particolare, con il collega del Cdr che ha ricevuto la lettera di licenziamento - dice la presidente dell'Aser Serena Bersani - Licenziamento, tra l'altro, indebito perché gravato da un sostanziale vizio di forma.
Infatti, secondo quanto previsto dall'art. 34 del Contratto nazionale di lavoro in merito alla tutela sindacale, l'intenzione di licenziare un membro del Cdr avrebbe dovuto avere preventivamente il nulla osta della presidente dell'associazione regionale di stampa.
Ciò non è avvenuto, a conferma del totale disconoscimento del Sindacato da parte dell'editore della Voce di Romagna.
Codesta Associazione si riserva di agire in tutte le sedi opportune contro questa grave violazione delle tutele sindacali e, malgrado le intimidazioni, continuerà a denunciare pubblicamente i comportamenti di un editore gravemente inadempiente nei confronti dei lavoratori sebbene continui a percepire da molti anni sostanziose provvidenze pubbliche». Bologna, 30 luglio 2014
L'intervento del direttore de La Voce della Romagna
"Il sindacato dei giornalisti dell'Emilia Romagna prima di esternare scempiaggini avrebbe dovuto perlomeno essersi informato in maniera corretta e non sentire soltanto, come sta facendo da alcuni mesi, cio' che dicono solo due dipendenti dell'azienda che da tempo stanno facendo tutto il possibile per portare l'azienda allo sfinimento. Obiettivo questo ben lontano dalla realta'". Questa la dura replica del direttore responsabile della Voce di Romagna Raimondo Baldoni alla nota di ieri dell'Aser che lanciava l'allarme sulle condizioni del giornale. L'editore, scrive Baldoni, "sta pagando gli stipendi e questo puo' essere confermato da qualsiasi altro dipendente dell'azienda, tranne chiaramente i due che stanno manovrando in maniera indegna il sindacato dei giornalisti. Ritengo che questo sia un fatto gravissimo che non ha precedenti nella storia del sindacato in Italia". Il comunicato dell'Aser di ieri, attacca Baldoni, "e' pieno di assurdita' architettate ad arte che hanno tratto in inganno il sindacato stesso, che pure e' vittima dei detrattori, ma certamente colpevole di non avere verificato cio' che andava a sostenere. Prima fra tutte la vicenda del licenziamento di un membro del Cdr. Il licenziamento di Paolo Facciotto, caposervizio di Rimini, si e' reso necessario in quanto lo stesso, membro del Cdr, ha inviato in data 8 luglio 2014 materiale fotografico difficilmente reperibile dall'archivio del quotidiano La Voce di Romagna per il quale lavorava al maggior giornale concorrente. L'interessato stesso ha confermato la spedizione nella lettera giustificativa a seguito di una prima sospensione alla quale e' seguito l'inevitabile licenziamento. Quale azienda terrebbe un impiegato che opera contro gli interessi dell'impresa a favore del maggior concorrente sul mercato?". "Non serve certamente il sigillo dell'Aser per licenziare un dipendente infedele che ha violato gravemente il proprio contratto di lavoro", insiste Baldoni. Riguardo invece al trasferimento di una giornalista, "l'Aser non ha detto che la collega interessata e' stata trasferita in una sede piu' vicina al luogo della sua residenza (pertanto agevolata) e in una lettera che ha ricevuto le e' stata garantita ogni spettanza di legge". L'altra "cosa ancora piu' grave e' che il sindacalista di cui si parla, membro del Cdr, licenziato per giusta causa" e' lo stesso "che invece di pensare ai lavoratori colleghi come dovrebbe fare ogni bravo sindacalista, ha pensato solo a se stesso promuovendo un'ingiunzione di pagamento che ha bloccato i conti dove arrivano soldi freschi dai distributori non potendo dare la possibilita' all'editore di pagare altri stipendi a tutti e non solo allo stesso sindacalista". Per quanto riguarda il tavolo della crisi "indetto alla stessa maniera dai soliti con la complicita' dell'Aser, l'editore ha incontrato il prefetto al quale ha spiegato la situazione reale. La Voce di Romagna, da maggio, e' uno fra i pochi quotidiani nel panorama nazionale che ha rivisto il segno 'piu'' sulla vendita delle copie mantenendo - unico caso in Emilia Romagna - il prezzo in edicola ad un euro fin dal primo numero uscito". Infine, conclude Baldoni, "mi sia consentita un'osservazione professionale. Svolgo da oltre 25 anni questo lavoro e la prima cosa che mi e' stata insegnata e' quella della verifica della notizia. I colleghi dell'Aser non si sono degnati di fare neanche una telefonata prima di stilare quel comunicato che discredita l'operato ed il nome della nostra testata".
La replica della Presidente Aser Serena Bersani al direttore de La Voce della Romagna
Non è mia abitudine dare lezioni di giornalismo a chicchessia e non lo faccio mai, perché ritengo che in questo mestiere ci sia sempre da imparare da tutti. Ma, visto che il direttore della Voce di Romagna vuol fare il maestrino con i dirigenti dell'Aser sostenendo che non conoscono l'abc della professione, sono costretta a fare un'eccezione spiegando perché ha torto nell'affermare ciò è suggerendogli di andarsi a ripassare quel Contratto di lavoro che certamente ha studiato, per lo meno quando ha sostenuto l'esame per diventare giornalista professionista. Giornalista. Credo non basti saper trovare le notizie, verificarle e comunicare per esserlo davvero. La schiena dritta non tutti la possiedono, ma l'etica è qualcosa di dovuto nei confronti dei lettori, dei colleghi (lo prevede la Legge istitutiva dell'Ordine) ma, soprattutto, di se stessi. E spacciare per vere notizie che si sa essere false non è proprio del giornalista. Risulta inoltre incredibile che un direttore, che svolge questa professione da ben 25 anni, non conosca cosa prevede l'art. 34 del Cnlg in merito ai licenziamenti di un componente del comitato di redazione. L'Aser, nel comunicato del Consiglio direttivo, non è entrata nel merito del licenziamento del collega sindacalista perché questo non lo possiamo fare né noi, né l'editore né il direttore della Voce di Romagna, semmai il giudice. Ho solo contestato un vizio di forma, ovvero il mancato rispetto della procedura prevista dal Contratto. Il mancato nulla osta al licenziamento di un componente del Cdr da parte della presidente dell'Associazione di stampa competente non impedisce all'editore di procedere comunque al licenziamento. Però il nulla osta bisognerebbe chiederlo, così come bisognerebbe interloquire con la presidente, accettare le ripetute richieste di incontro da essa fatte, magari confrontarsi pubblicamente anziché rispondere dalle colonne del proprio giornale e mandare comunicati pesantemente diffamatori. Per fortuna di Baldoni, sono contraria alle querele tra colleghi. Figuriamoci, non ne ho fatte quando un giornalista del suo giornale ha pubblicato un articolo, apertamente sessista e fascista, prendendo di mira la mia persona, con toni diffamatori e minacce nemmeno troppo velate. E neppure quando lo stesso giornalista ha mandato in giro una mail vergognosa contenente addirittura l'istigazione alla violenza sessuale. Però un minimo di verità occorre ristabilirla rispetto a quanto scritto dal direttore della Voce di Romagna in modo che chiunque possa farsi un'idea su chi dice «scempiaggini». Non risponde al vero che il sindacato dei giornalisti non si sia informato in questi mesi con la controparte su come andavano le cose: l'editore Celli è stato invitato due volte, con lettera formale firmata dalla sottoscritta e dal presidente della Fnsi Giovanni Rossi, a un incontro per cercare una soluzione alle sue difficoltà e tutelare i dipendenti con un ammortizzatore sociale. L'editore non ci ha voluto incontrare, disconoscendo il ruolo del sindacato. Non si è per altro presentato nemmeno al tavolo istituzionale con il Prefetto di Rimini, sebbene avesse ricevuto identica convocazione di quella recapitata all'Aser. Non capisco che valore possa avere, per l'avvio di una trattativa, un incontro successivo in camera caritatis tra l'editore e il rappresentante del governo se non il voler sistematicamente evitare il contraddittorio. Ripeto: sarei felice di confrontarmi, anche pubblicamente, sia con l'editore Celli sia con il direttore Baldoni. E' un invito. Risibile è poi l'affermazione che l'editore «sta pagando gli stipendi». Forse li sta pagando regolarmente al direttore, e questo ci fa piacere per lui. Ma cerchiamo di non prenderci in giro: l'editore, a quanto ci risulta, ha pagato lo stipendio di aprile ma deve ancora pagare quelli da dicembre a marzo, tredicesima compresa. Sta pagando gli stipendi? Mi pare che la notizia sia un'altra, direttore: i giornalisti, compreso «l'infedele» del Cdr, hanno lavorato per quattro mesi senza vedere un euro, epperò facendo uscire il giornale tutti i giorni. Due colleghi, poi, sempre secondo Baldoni, «stanno manovrando in maniera indegna il sindacato». Per quanto mi riguarda, credo che qualcuno capace di «manovrarmi» debba ancora nascere, e chi mi conosce lo sa. Invito poi il direttore a rileggersi per notare le contraddizioni in cui cade. Se tutti i giornalisti sono stati pagati, come lui sostiene, come mai il pagamento degli stipendi sarebbe stato negato solo ai due che hanno osato rivolgersi all'Aser? E' l'autodenuncia di una discriminazione e di un comportamento antisindacale, piuttosto che delle difficoltà di cassa di un editore. Non mi risulta poi che il collega licenziato sia l'unico ad aver fatto istanza di pagamento, come legittimamente fa chi non viene pagato. Oltre tutto il collega, prima di tutelare il proprio interesse, si è speso per mesi per tutelare gli interessi di tutta la redazione. E, ancora: se un collaboratore, a fronte della richiesta di lavorare gratis, ha smesso di collaborare e avviato una causa legale rivendicando pure l'assunzione ex art. 1 perché sostiene di avere svolto tali mansioni, qualche problema ci sarà. Le «bugie sulla Voce di Romagna», come titola oggi quel foglio, è certo che qualcuno le dice. Lascio all'intelligenza dei lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare a leggere fino a qua giudicare da che parte arrivano. Baldoni si sopravvaluta se pensa che il sindacato abbia del tempo da perdere per tenere «sotto attacco» il giornale da lui diretto, con tutti i gravi problemi che affliggono l'editoria e che ci impegnano quotidianamente. Infine, mi pare che anche il direttore che ha preceduto il neodirettore abbia sbattuto la porta, pochi mesi fa, rivendicando motivi economici. Stupisce invece che Baldoni sia diventato un così accanito oppositore del Sindacato quando fu lui stesso tra i primi a rivolgersi ai massimi dirigenti sindacali per denunciare la gravità della situazione che si era venuta a creare alla Voce di Romagna. Un'inversione d'opinione che è avvenuta a fronte dell'assunzione della direzione del giornale. Ma questa è, senza dubbio, una coincidenza.
Serena Bersani
Presidente Aser