Oggi il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport non sono usciti in edicola per lo sciopero dei lavoratori grafici e poligrafici del gruppo Rcs, in agitazione dopo l'annuncio dell'azienda di voler attuare le procedure di mobilità per la gestione degli esuberi. Il rischio concreto è che si arrivi alla mobilità per un numero totale di 260 dipendenti (compresi anche i grafici e i poligrafici di Rcs Libri), con l'azienda che punta a risparmiare il 23-24% dei 100 milioni di costo del lavoro complessivo dell'area grafici e poligrafici. Il coordinamento dei Cdr del gruppo si è schierato al fianco dei grafici e poligrafici pubblicando un comunicato congiunto sui siti internet delle due testate.
Sciopero alla Rcs Mediagroup: a incrociare le braccia sono
stati oggi i lavoratori grafici e poligrafici del gruppo in segno di protesta
contro “l'annuncio dell'azienda di volere attuare le procedure di mobilità per
la gestione degli esuberi”, si legge in una nota pubblicato sul sito
Corriere.it. Protesta che ha impedito a Corriere e Gazzetta di uscire oggi in
edicola.
Il coordinamento dei Cdr del gruppo, nella tarda mattinata, hanno pubblicato
sui siti dei due quotidiani un comunicato stampa congiunto di solidarietà ai
lavoratori in sciopero. Ecco di seguito il testo.
“I giornalisti del gruppo Rcs esprimono solidarietà ai
colleghi grafici e poligrafici e condannano l’azione unilaterale dell’azienda
che ha minacciato licenziamenti collettivi per la gestione degli esuberi. I
vertici di gruppo, dopo non aver proceduto al secondo aumento di capitale che
avrebbe garantito a Rcs lo sviluppo necessario al rilancio, continuano a
spingere per un piano di risparmi che ha come uniche leve quelle del costo del
lavoro dipendente e della vendita dei gioielli di famiglia (quella già perfezionata
del palazzo di via Solferino e quella in trattativa della Libri). Piano di
risparmi che serve a coprire i debiti causati da operazioni editoriali che
ancora oggi pesano sui conti di Rcs. Tutto questo in uno scenario di gruppo che
vede la completa assenza di un piano industriale serio che punti
sull’informazione e sui prodotti editoriali e con il sempre maggior ricorso
alle collaborazioni e all’outsourcing in una chiara ottica di precarizzazione
del lavoro”.