Stipendi arretrati, ferie non godute e, ora, un irricevibile piano di riduzione dell’orario di lavoro: precipita la situazione al settimanale di Piacenza “Corriere Padano”. Tanto che i dipendenti, quelli rimasti, sostenuti da Aser e Fisascat-Cisl, hanno deciso di incrociare le braccia fino a quando non saranno saldati i pregressi. «Viviamo una situazione di sofferenza lavorativa ormai insopportabile», spiegano redattori, collaboratori, personale dell’amministrazione e del commerciale.
Mancato pagamento di stipendi arretrati, ferie non godute, un
piano di riduzione oraria giudicato irricevibile e troppe incognite sul futuro
della testata. Questi i motivi alla base dello sciopero al settimanale
“Corriere Padano” indetto da Aser e Fisascat-Cisl. Lo sciopero, che riguarda le
società Corpad Editore, titolare della testata, e Sumarte Srl, concessionaria
di pubblicità, è iniziato ieri, lunedì 18 gennaio, e proseguirà ad oltranza
finché non saranno saldati i pregressi.
Di «acuta preoccupazione per la sorte di “Corriere Padano”» parla
l’Associazione della Stampa dell’Emilia Romagna, che sottolinea come «la
redazione abbia affrontato, negli ultimi tempi, una drastica riduzione
dell’organico costringendo i redattori superstiti a un maggior carico di lavoro
e a notevoli e prolungati sacrifici non più sostenibili». A fronte della
richiesta di ulteriori sacrifici, ovvero di una nuova riduzione dell’orario di
lavoro, il sindacato non può non sottolineare l’abnegazione, lo spirito di
servizio e, appunto, il sacrificio cui i giornalisti sono già stati sottoposti.
«L’importanza di una pluralità di voci, tanto più nel settore nevralgico
dell’informazione, rappresenta un fondamentale valore civile, oltreché
istituzionale. Per questo – prosegue l’Aser – confidiamo nella sensibilità di
tutti e in particolare richiamiamo l’attenzione, sollecitandone il senso di
responsabilità, dei partner istituzionali e commerciali della testata, affinché
non si spenga la voce di un giornale che da oltre trent’anni accompagna e
arricchisce la vita della città e della provincia».
Da parte loro i dipendenti si dicono consapevoli del ruolo che la testata ha
interpretato nella storia di Piacenza. «Il settimanale, uscito come mensile nel
1983 e divenuto settimanale l’anno successivo, ha rappresentato un punto di
svolta nel panorama dell’informazione locale, capace – scrivono – con la sua
freschezza e perfino con le sue disinvoltura e spregiudicatezza (in senso
largamente positivo) di imprimere un’accelerazione a una città rallentata, a
livello di informazione, da consolidate rendite di posizione. Col tempo la
spinta propulsiva di questa iniziativa editoriale si è attenuata determinando
in noi superstiti dipendenti una situazione di sofferenza lavorativa ormai
insopportabile».
Per questi motivi redazione, collaboratori, personale dell’amministrazione e
del commerciale si sono visti costretti a dichiarare «uno stato di agitazione
determinato a giungere allo sciopero a oltranza qualora la proprietà non
riconosca, oltre all’oggettiva abnegazione, e financo fedeltà all’azienda,
dimostrate negli ultimi mesi da tutti i lavoratori, la necessità di
corrispondere quanto dovuto».